di Mario De Michele

Si è partiti male, si sta finendo peggio. La campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale si è trasformata in un campo di battaglia che fin dall’inizio ha varcato ampiamente il confine dello scontro politico-amministrativo. I contenuti hanno ceduto, purtroppo, il passo ai personalismi. Le accuse hanno preso il sopravvento sulle proposte. Le soluzioni ai problemi sono finite in secondo piano lasciando il campo libero alle invettive propagandistiche. In un clima così rovente e politicamente scorretto, anzi incivile, si è raggiunto l’apice degenerativo con un episodio gravissimo durante un comizio di Claudio Velardi (leggi l’articolo). Un giovane è stato colpito a pugni. I segni della violenza sono visibili sul suo volto: sette punti di sutura interni ed esterni al viso. L’accaduto è stato denunciato alla Polizia. Tutto documentato e nero su bianco (referto medico e querela per aggressione) per buona pace di chi si sta sperticando su Facebook e continua a farlo ad accusare con commenti diffamatori la nostra testata di aver pubblicato una notizia falsa. Al netto delle c…te social che non ci fanno né caldo né freddo (Eco definiva Fb lo “sfogatoio degli imbecilli”), resta un’onta indelebile sulle comunali di Marcianise. Al di là dell’esito elettorale dopo quanto accaduto ieri hanno perso tutti. La politica ha alzato bandiera bianca, il rispetto dell’avversario è stato cestinato, il confronto civile è diventato merce introvabile. Hanno perso i candidati e gli schieramenti “l’uno contro l’altro armati”. Ad avere la peggio è, come sempre, la città. Gli elettori marcianisani meritano ben altro. Esigono, giustamente, risposte alle gravi problematiche di un territorio devastato da anni di ingovernabilità e disastri amministrativi. Chiedono alla classe dirigente di mettere nel cassetto proclami e promesse. Vogliono soluzioni, non le solite e indigeribili chiacchiere. Ma anche stavolta è stata persa l’occasione per aprire una stagione nuova. Si è focalizzato tutto sul passato. Sotto una spessa coltre di fumo e propaganda non si è intravista l’ombra del futuro. Così non si va da nessuna parte. I cittadini ne sono consapevoli. I politici no. Da decenni orami la gente è molto più avanti di gruppi dirigenti arroccati su schemi polverosi, su logiche superate, su tatticismi bizantini. Tutto aggravato da un clima da guerra (in)civile, in parte alimentata, lo diciamo consapevoli delle altre accuse che ci pioveranno addosso dagli imbecilli social, dall’impostazione che Velardi ha voluto dare alla sua campagna elettorale. Il giornalista ha preso il gessetto e ha scritto sulla lavagna i nomi dei buoni e dei cattivi. Lui e il suo gruppo sono ovviamente i buoni. Dario Abbate e i suoi supporter i cattivi. Il bene contro il male. Il nuovo contro il vecchio. Gli onesti contro i disonesti. Nel primo turno Abbate ha mantenuto la calma. Al ballottaggio ha alzato i toni (lui dice per “legittima difesa”). Il solco tra le fazioni si è via via allargato fino a diventare un burrone in cui è sprofondato il livello del dibattito. Guelfi e ghibellini hanno iniziato a darsele, a parole, di santa ragione, poi si è arrivati anche alle mani. Conseguenza inevitabile quando si eccitano gli animi degli hooligans. Ora che fare? Non sarà facile correre ai ripari. La città avrebbe avuto bisogno di una pacificazione seppur in una chiara e netta contrapposizione politica. Lo scontro sulle idee sarebbe stata manna dal cielo. Invece si è scelta la scorciatoia dei personalismi. Così escono tutti sconfitti. E a pagare il prezzo più alto è il popolo di Marcianise. Tanto per non cambiare.

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