NAPOLI – Sarà il Teatro Nuovo di Napoli a ospitare, martedì 31 gennaio 2012 alle ore 21.00 (in replica fino a domenica 5 febbraio), il debutto partenopeo dello spettacolo La Morsa di Luigi Pirandello, con Sandro Lombardi, Sabrina Scuccimarra, Arturo Cirillo, che ne firma anche la regia, e presentato dalla Compagnia Sandro Lombardi.

La morsa è un atto unico giovanile che Pirandello faticò a portare sulle scene. A tutt’oggi, rimane poco rappresentato, ma, di fatto, racchiude in sé tutti quegli elementi deflagranti attraverso i quali il drammaturgo agrigentino scompaginò la sintassi del teatro. E’ un testo breve fatto di frasi spezzate e di battute allusive, dove il non detto prevale sul detto e dove tutto è già avvenuto in precedenza. L’adulterio diviene spunto per evidenziare i rapporti di potere che legano un lui, una lei e l’altro, impegnati in un atroce processo ai propri sentimenti. La stanza borghese descritta dalle didascalie che gli attori enunciano come parte integrante del testo, diviene spazio metaforico dello stadio avanzato di disfacimento non soltanto dei valori del matrimonio e della famiglia, ma anche del mondo interiore dei personaggi. Tra algide teche di vetro, simbolici sarcofaghi borghesi di un decoro domestico compresso in vergognosa formaldeide, si dipana il particolarissimo testo pirandelliano, che, già alla fine del IXX sec., suggeriva, con spietata lucidità e clinica preveggenza, quanto i sentimenti muliebri econiugali, pur preservati dalla diamantina presunzione di un’inconfutabile ed implicita purezza, sono soggetti all’inarrestabile consunzione del tempo e delle cose. Quello scorrere e trascorrere della stessa vita che tutto inghiotte nel divenire delle forme, che tutto trasforma nel continuo movimento del senso e delle prospettive. “La lingua di Pirandello – rivela Arturo Cirillo – è tutta inventata, tutta mentale. E’ la prima volta che l’incontro e trovo affascinante e difficile la sua enorme letterarietà. Pezzi di frase che sono come apici di un iceberg, di cui la parte più consistente è nascosta, non scritta, sprofondata nel mare dell’inconscio”. La morsa è la messa in scena di quanto di più atroce, e forse ovvio, la famiglia riesca a produrre. La morsa non è solo la stretta interrogazione che un marito fa a una moglie che lo tradisce, ma è una condizione fisica e mentale nella quale tutti e tre i personaggi della vicenda sono compressi, coatti e costretti. L’eterno gioco dell’amore e del disamore si svela in un breve dramma della gelosia, dell’adulterio e del tradimento, temi cari a Pirandello, in cui dubbio e paura attanagliano i personaggi della pièce fino a farli sprofondare nell’abisso delle loro solitudini. Centro della vicenda è l’ipocrisia della media borghesia italiana, come solo Pirandello è in grado di descriverla e di farla parlare: con quella lingua tutta allusiva, sospesa, sincopata, in cui appare un mondo di mediocri, incapaci di grandi sentimenti e generosità. L’allestimento si avvale delle scene di Dario Gessati, i costumi di Giovanna Buzzi, le luci di Gianni Pollini e il suono di Antonio Lovato.

 

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