di Mario De Michele
Fuori i nomi. Se l’obiettivo è davvero fare sul serio per resuscitare il Pd casertano tumulato già da due anni. E se si vuole uscire dal labirinto dei posizionamenti in funzione personale ed elettorale. Partire dalla coda non è un buon segno. Pur volendo essere buonisti è naturale pensar male. In vista del congresso provinciale, che si terrà al massimo entro metà gennaio dell’anno prossimo, i big del partito devono dimostrare nei fatti e non a chiacchiere che sono animati da un sincero spirito unitario. I precedenti non depongono a loro favore. Per riempire di credibilità parole infarcite di senso di responsabilità e condite da una chiara disponibilità al dialogo e alla pacificazione bisogna cambiare impostazione. Si parte dalla testa. Dai nomi, appunto. Quelli del segretario, innanzitutto, e del nuovo gruppo dirigente. L’accordo su leader e organigramma sarebbe la prove del nove che i maggiorenti dem hanno preso veramente coscienza della necessità di cambiare registro. Resuscitare un partito esanime è impresa ardua. Sperare nei miracoli è cosa vana. Solo gli atti e i comportamenti politici potranno riportare in vita il Pd di Terra di Lavoro. E il primo atto è quello di chiudere l’intesa su coloro i quali nei prossimi anni guideranno il partito. Il resto è fuffa. Serve tutto ai Democrat casertani fuorché le frasi di circostanza che velano le soliti grandi manovre fatte dietro le quinte. Tutto o quasi ruota attorno ai consiglieri regionali Stefano Graziano e Gennaro Oliviero. Non perché, a differenza di quanto vogliono far apparire, hanno la forza di determinare da soli quale strada imboccherà il partito. Semplicemente perché gli eurodeputati Nicola Caputo e Pina Picierno si tireranno fuori dal campo di battaglia. A nessuno dei due conviene soffiare sul fuoco delle polemiche. Nel 2019 ci sono le europee.
È d’obbligo operare un distinguo tra Caputo e Picierno. Il primo possiede un reale peso specifico. La seconda c’è o meno nelle dinamiche interne non se accorge comunque nessuno. È parva materia politica. Torniamo a chi conta. Graziano e Oliviero devono togliersi dalla testa di fare i burattinai. Qualora si mettessero attorno a un tavolo, ipotesi piuttosto remota visti i rapporti tra i due, non basterebbe per imprimere una svolta al Pd. Facciamo un esempio. Il passaggio per Caserta città è inevitabile. Traducendolo in nomi, appunto, non si può immaginare di ripartire senza includere il gruppo rappresentato, lo diciamo per sintesi giornalistica, dal duo Enrico Tresca-Franco De Michele. Lasciamo perdere il sindaco Carlo Marino. Un partito serio avrebbe già chiesto le sue dimissione alla luce della mega inchiesta sul giro d’affari milionario sui rifiuti. Quanto meno per opportunità politica. Ma del “caso Caserta” parleremo in un’altra occasione. Restiamo nel perimetro del Pd provinciale. Dicevamo che l’unità vera si persegue inglobando il gruppo casertano nel ragionamento sul futuro dei dem. Atto dovuto. Che sarebbe un segnale forte e chiaro. Stesso discorso per quell’area che si rivede in Lucia Esposito. Parliamo di sindaci, consiglieri comunali e militanti storici. Una follia escluderli. Capitolo a parte per la componente riconducibile a Camilla Sgambato. L’ex parlamentare è a un bivio. Restare o andarsene. I segnali di fumo conducono tutti all’addio per ormeggiare nel porto di Luigi De Magistris.
Ritorniamo a Graziano e Oliviero. Il pallino non può restare solo in mano a loro due. Quello che spetta a loro è accelerare per dare una dimostrazione plastica della loro volontà di unire e creare una convergenza che metta assieme almeno i tre quarti del partito. Come? Lo abbiamo già detto in premessa. Fuori i nomi. Chiosa. I due consigliere regionali non pensino però di trovare soluzioni in stile Raffaele Vitale. Il nuovo segretario dovrà avere spalle larghe e capacità di reggere l’urto delle diverse sensibilità interne. E prendere un impegno solenne e pubblico e non candidarsi nei prossimi anni per dedicarsi al bene del partito senza doppie finalità. Immaginare che possa essere un burattino in mano a questo o a quello impedirebbe sul nascere qualsiasi possibilità di estumulazione del Pd casertano.