di Mario De Michele
Da decenni l’autolesionismo è una propensione irrefrenabile tipica del centrosinistra. Ad Aversa questa tendenza innata al masochismo politico sta palesando sintomi patologici. All’interno della coalizione guidata dal sindaco Alfonso Golia, fin dal giorno dopo la netta vittoria al ballottaggio, i rematori contro hanno intensificato le sbracciate. Al confronto gli olimpionici fratelli Abbagnale dei tempi delle medaglie d’oro (i meno giovani ricorderanno il mitico Peppiniello Di Capua) sarebbero dei dilettanti. A qualche candidato del centrosinistra, in particolare ad alcuni del Pd, non è mai andato giù il “rospo” Golia. E il processo di metabolizzazione non si è mai concluso. Anzi, via via, anche per colpa dell’incapacità del sindaco e della giunta di dare risposte ai problemi della città, la digestione si è bloccata. Il boccone amaro da ingoiare è rimasto sullo stomaco a più di un esponente della maggioranza con inevitabili ripercussioni negative sul fisiologico svolgimento dell’azione amministrativa. Con un costante e caparbio lavoro ai fianchi i primi a colpire duro sono stati Paolo Santulli, Eugenia D’Angelo e Francesco Forleo. I primi due sono esponenti, dalla prima ora, dell’area del consigliere regionale dem Gennaro Oliviero. Il terzo è andato a ruota dopo lo strappo con Stefano Graziano, anche lui membro del parlamentino campano. La fronda interna si è allargata a Imma Dello Iacono, in rotta di collisione con la lista Obiettivo Aversa, e a Luisa Motti, che gradualmente ha preso le distanze dal primo cittadino.
L’ultimo casus belli interno è la defenestrazione dell’assessore al Bilancio Nico Carpentiero, liquidato dal primo cittadino con la fermezza di Robespierre. Come detto, ed è un aspetto tutt’altro che irrilevante, Golia e i suoi assessori ci hanno messo molto del loro per diventare facili bersagli del “fuoco amico”. In 10 mesi di governo della città non si è vista nemmeno l’ombra del tanto propagandato cambiamento. Peggio ancora: non si è visto proprio nulla o quasi. È altrettanto inoppugnabile che, non tenendo conto di luglio e agosto e considerando l’emergenza coronavirus, il giudizio sull’operato di Golia e del suo team si basa in realtà su appena 6 mesi di gestione. Un arco temporale molto limitato per esprimere un giudizio compiuto soprattutto alla luce del pesantissimo fardello amministrativo ereditato dalle precedenti amministrazioni di centrodestra. Però se vogliamo essere onesti fino in fondo neppure il più pessimista e diffidente del mondo avrebbe immaginato che una squadra giovane capitanata da un professionista valido e un politico esperto come Golia non ingranasse nemmeno la seconda. Per di più su alcuni problemi gravi e urgenti, mercato ortofrutticolo e igiene urbana, l’auto gestionale è rimasta a folle.
Fatta questa doverosa premessa è parimenti necessario indicare il vero bandolo della matassa. Nel circolo democrat normanno ci sono due anime che non saliranno mai a bordo dello stesso treno. Al massimo potranno convivere, per dirla alla Moro, attraverso una “convergenza parallela” fino a quando la corda, da un lato o dall’altro, resisterà agli strattoni. È molto probabile che in autunno si tornerà al voto per il rinnovo del consiglio regionale. Sarà l’arena nella quale si daranno battaglia all’ultimo sangue Oliviero e Graziano. In vista dello scontro titanico i soldati dell’uno sono schierati contro quelli dell’altro. E qui subentra il “fattore Pd”. Quando si tratta di atti di autolesionismo i dem sono malati praticamente incurabili. Non esistono misure, nemmeno coercitive, per impedire che si facciano male da soli. Non serve imbottirli di Valium, Tavor e Serenase. Nemmeno la camicia di forza riesce a scongiurare capocciate contro il muro e lesioni gravi a loro stessi. Da quando, per fortuna, hanno chiuso i manicomi-lager molti pazienti sembrerebbero essersi riversati nel Pd, come dimostrano, in tutt’Italia, alcune scelte amministrative pazzesche e decisioni politiche folli, in particolare a livello locale. Frutto di personalismi, incompetenza e cazzoproprismo.
Questa miscelazione alchemica velenosa ha colpito duramente realtà locali difficili come Aversa. E ha riprodotto all’ennesima potenza il tafazzismo del centrosinistra. Per “merito” di Santulli, D’Angelo, Forleo, Dello Iacono e Motti la città normanna potrà vantare il record mondiale della classe dirigente più autolesionista della galassia. I 5 moschettieri potranno avere le migliori ragioni del mondo. E su alcune tematiche ne hanno. Ma mettere il bastone tra le ruote alla propria maggioranza in piena emergenza coronavirus è una pazzia che nemmeno lo stolto Salvini sta commettendo. Non a caso il padrone della Lega ha indossato la maschera del politico “responsabile” di fronte alla tragedia che sta vivendo il Paese. Poi uno come Salvini qualche ca…ta la spara sempre. È più forte di lui. Ad Aversa invece la resa dei conti non si fa contro il Covid-19 ma all’interno della coalizione di governo. Il risultato? Un doppio disastro: da un lato l’immagine del centrosinistra è devastata, forse per sempre o almeno per un altro ventennio, dall’altro l’opposizione, che dopo la batosta elettorale era morta e sepolta, è stata resuscitata. Gli esponenti della minoranza, citiamo come esempio Gianluca Golia, Alfonso Oliva e Francesco Di Palma, hanno dimostrato intelligenza politica e senso di responsabilità abbassando i toni. Gliene diamo atto. È il momento di stare uniti. Le strumentalizzazioni politiche sono indigeste e sortiscono l’effetto contrario nell’opinione pubblica. S
iamo consapevoli che è fiato sprecato. Nel centrosinistra c’è un problema genetico: il masochismo cronico del Pd. Come direbbe Nanni Moretti: “Continuiamo così, facciamoci del male”.