Il gip di Venezia Alberto Scaramuzza ha disposto l’iscrizione nel Registro degli indagati per frode processuale o depistaggio per il pm del caso Yara Gambirasio, Letizia Ruggeri a conclusione dell’udienza di opposizione all’archiviazione presentata dai legali di Massimo Bossetti dei presidente della Corte d’assise di Bergamo e di una cancelliera. La vicenda riguardava la conservazione di reperti della inchiesta che ha portato all’ergastolo il muratore di Mapello. A fronte di una denunzia-querela e di un atto di opposizione della difesa dell’uomo condannato in via definitiva all’ergastolo, «in buona parte indirizzati nei riguardi proprio di comportamenti del pm Letizia Ruggeri si impone – scrive il gip – la necessità di un’estensione soggettiva dell’iscrizione nei suoi confronti» in relazione al reato di frode in processo penale e depistaggio (articolo 375 del codice penale), reato punito con il carcere da 3 a 8 anni, per chi «immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato» (comma 1). Una scelta che ha come finalità quella di «permettere al pm una compiuta valutazione anche della sua posizione in relazione a tutte le doglianze dell’opponente, che richiedono un necessario approfondimento, sia al fine di permettere alla stessa un’adeguata difesa», si legge nel dispositivo con cui il giudice veneto ordina l’archiviazione per Giovanni Petillo e Laura Epis, rispettivamente presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo e funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato. La questione su cui si è pronunciata il tribunale di Venezia (competente sui magistrati di Bergamo) riguarda le 54 provette contenenti la traccia biologica mista di vittima e carnefice, spostati dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo. Per Claudio Salvagni, difensore di Bossetti, quel cambio di destinazione, interrompendo la catena del freddo (i campioni erano conservati a 80 gradi sottozero) potrebbe aver deteriorato il Dna rendendo vano qualsiasi eventuale tentativo di nuove analisi. Nell’atto di quasi 70 pagine, di opposizione all’archiviazione, si mettono in fila più date a partire dal 26 novembre 2019 (dopo la pronuncia della Cassazione) quando la difesa richiede l’accesso ai campioni di Dna e l’indomani ottiene l’autorizzazione, ma non sa che il pm Ruggeri ha già chiesto di spostare le provette: il 21 novembre i 54 campioni vengono tolti dal frigo e consegnati dal professore Giorgio Casari ai carabinieri di Bergamo, raggiungeranno il tribunale il 2 dicembre 2019, «12 giorni dopo» aver lasciato il San Raffaele. Se per la procura di Venezia né le verifiche né i testimoni hanno fatto emergere la prova che, da parte degli indagati Petillo ed Epis, ci sia mai stata la volontà di distruggere o danneggiare quei campioni di Dna, ora spetta al pm Ruggeri dimostrare la sua buonafede. La trasmissione degli atti alla Procura perché proceda all’iscrizione nel Registro degli indagati del pm del caso Yara ,Letizia Ruggeri, che non era mai stata indagata, per il gip è l’unico «provvedimento adottabile» al termine dell’udienza di opposizione all’archiviazione per il presidente del Corte d’Assiste di Bergamo e di una cancelliera. Questo a fronte di una «denunzia querela e in un atto di opposizione» presentato dai legali di Bossetti Claudio Salvagni e Paolo Camporini «in buon parte indirizzati nei riguardi proprio» del pm che condusse le indagini e sostenne l’accusa nel processo a Bergamo che portò la condanna all’ergastolo di Bossetti. La trasmissione degli atti al pm di Venezia per procedere all’iscrizione serve per «permettere al pm una compiuta valutazione anche della sua posizione in relazione a tutte le doglianze dell’opponente» che richiedono «un necessario approfondimento», sia al fine di permettere alla stessa un’adeguata difesa«. Sono invece archiviate le posizioni del presidente della Core d’Assise Giovanni Petillo e della cancelleria della Corte d’assise di Bergamo.