“Non ho fatto niente per essere massacrato così. Mi sono solo dimesso e ho detto che è stata una mia scelta”. Roberto Mancini ancora furioso dopo la lettura dei giornali. Prova a fornire la sua verità sul divorzio improvviso dalla Nazionale consumato a meno di un mese dalle prossime sfide decisive per andare all’Europeo. Nel colloquio Mancini esordisce spiegando che la decisione di lasciare è stata sua: “La stavo maturando da un po’ di mesi. Io non volevo lasciare la panchina della Nazionale perché mi ha dato tanto, mi piaceva moltissimo. Era un onore guidare gli azzurri”. Poi parla dell’addio di Chicco Evani allo staff tecnico: “È stato il mio vice per cinque anni in Nazionale. Insieme abbiamo vinto gli Europei. Io ho fin da subito detto di non approvare questo cambio. Io avrei invece lasciato tutto così, magari aggiungendo qualche persona diversa. Mi sembrava potesse essere un giusto compromesso, ma così non è stato”. La problematica lo ha fatto sentire in qualche modo in discussione: “E questo non garantisce quella serenità necessaria per poter affrontare sfide importanti come quelle che la Nazionale ha davanti”. Mancini dice di aver fatto una precisa richiesta al presidente Gravina il 7 agosto. “Ho fatto mandare un messaggio al presidente Gravina da chi mi rappresenta legalmente e segue la mia contrattualistica, cioè mia moglie. In quel messaggio chiedevo se cortesemente poteva togliermi una clausola dal contratto”. E proprio la telefonata di Silvia Fortini a Gravina ha aperto la crisi. È “la clausola che se la Nazionale fosse andata fuori dagli Europei mi avrebbe licenziato”. E spiega: “Semplicemente gli ho chiesto di poterla togliere per avere la possibilità di lavorare in modo più tranquillo. Per me non era importante la clausola quanto il gesto. Toglierla avrebbe rappresentato un passo nei miei confronti che avrebbe fatto capire che in me ci credevano ancora”. Aggiunge di aver detto a Gravina che se la federazione avesse mantenuto la clausola se ne sarebbe andato: ma gli è stato detto che non si poteva togliere. E allora se ne è andato. Smentisce di aver avuto qualcosa da ridire su Gianluigi Buffon e Leonardo Bonucci. Spiega che ha mandato la Pec perché lo prevedeva il contratto. Sul coordinamento delle nazionali minimizza: “Parlando con il presidente avevo espresso un’opinione, ovvero che secondo me quando la nazionale Under 21 avrebbe avuto bisogno di un giocatore dalla nazionale A lo avrebbe potuto prendere e viceversa, sapendo tutti i giocatori quello che avrebbero dovuto fare dal momento che avrebbero fatto lo stesso gioco. Il mio era soltanto un suggerimento che non ritenevo così fondamentale”. E dice che la morte di Gianluca Vialli ha influito: “È stata per me devastante. Lui non era solo un amico, un collaboratore, era un fratello. Il suo carisma in Nazionale era fondamentale. La sua mancanza ovviamente non ha determinato la mia scelta ma non nego che senza Luca nulla è più come prima”. Infine, sui 40 milioni all’anno per tre anni che gli avrebbe offerto l’Arabia Saudita per guidare la sua nazionale, “non è assolutamente così. Mi spiego meglio. In questi anni ho ricevuto molte offerte economicamente molto molto allettanti. Sia dopo la vittoria agli Europei che in questi mesi. Ho sempre detto “no” senza pensarci un secondo. Non ho mai fatto scelte dettate dai soldi. Non nego ci sia un interesse da parte dell’Arabia ma non è stato quello che ha portato alla mia decisione. La Nazionale non l’avrei mai lasciata”. Quindi c’è o no questa proposta sul tavolo? “Ce ne è più di una ma ad oggi nulla di concreto. Valuterò nelle prossime settimane”.