“Non ho commesso alcun reato. Ora penso ad arrivare all’interrogatorio preparato per dimostrare la correttezza del mio operato”. Sta studiando le carte in attesa dell’interrogatorio che dovrebbe essere tra due settimane, Giovanni Toti, il governatore della Liguria agli arresti domiciliari dallo scorso 7 maggio nell’indagine della Procura di Genova per corruzione. Ma intanto consegna poche parole al suo avvocato Stefano Savi, con il quale sta mettendo a punto la strategia difensiva, per dire che non c’entra nulla con quanto gli viene contestato dai magistrati, secondo i quali avrebbe ricevuto finanziamenti per oltre 74 mila euro versati al suo Comitato dagli imprenditori Spinelli in cambio di pratiche e soluzioni che potessero agevolare la loro attività. Chiuso nella sua casa di Ameglia, in provincia di La Spezia, Toti sta trascorrendo il tempo a leggere gli atti e a lavorare in vista del faccia a faccia con i pm guidati dal Procuratore Nicola Piacente. Certo, avrebbe preferito tempi più rapidi per rendere l’esame davanti ai pm, ma “accetta” la decisione della procura e, in base all’esito dell’interrogatorio, chiederà la revoca della misura cautelare. Qualora il confronto dovesse slittare ancora, diventerebbe per lui molto importante trovare una soluzione per poter avere uno scambio di prima mano, ossia trovare un modo di comunicare con i suoi referenti politici e con i consiglieri della sua maggioranza a piazza De Ferrari. Intanto, in questi giorni di attesa, si sta preparando per chiarire punto per punto gli addebiti. Perché lui, è la sua versione, riguardo al rinnovo della concessione trentennale per il Terminal Rinfuse non ha agito “a senso unico” per favorire Aldo Spinelli, pure lui ai domiciliari. Il suo intervento, è in sintesi la spiegazione che fornirà agli inquirenti, non solo si inseriva nella scia di quello che aveva proposto l’autorità portuale, compresi i 30 anni, ma aveva anche lo scopo di trovare una soluzione di equilibrio che tenesse conto di tutti gli interessi in modo da evitare ulteriori scontri tra i terminalisti. In più, aggiungerà, la costruzione della diga foranea e il tombamento del pettine del porto avrebbe comunque messo in discussione il Terminal Rinfuse (il piano è di trasferirlo a Savona) e portato all’avvio di una procedura di evidenza pubblica. Oltre a ciò Toti sosterrà a sua difesa che l’imprenditore, come oramai è assodato e come lui stesso ha messo a verbale davanti al gip Paola Faggioni, ha sempre sovvenzionato tutti gli esponenti dell’arco costituzionale e per raggiungere i suoi scopi ha sempre avuto una tecnica “martellante”: chiedeva, richiedeva e chiedeva ancora, nel tentativo di ottenere quel che voleva. Tecnica, questa, usata anche per l’operazione di Punta dell’Olmo: la sua era stata una risposta (“vedo cosa posso fare”, secondo l’imprenditore) per silenziare le “insistenze” di Spinelli e nulla di più, in quanto era pacifico che non c’erano le condizioni per privatizzare la spiaggia. E poi, uno dei punti chiave, è che i soldi ricevuti, eccetto forse qualche passaggio pubblicitario elettorale, sono sempre stati tutti versati al Comitato nel rispetto della legge, in chiaro. Infine oltre a respingere gli addebiti che riguardano la discarica di Savona, parlerà anche della presunta corruzione elettorale: nulla sapeva dei voti dei riesini. Lui è stato ospite solo di un pranzo elettorale: è stato invitato ed è andato. “Escludo abbia avuto qualsiasi tipo di utilità”, ha tenuto a precisare Savi. Il legale ha infatti puntualizzato, in merito al pranzo a Montecarlo di cui ha parlato Spinelli al giudice, che “Toti e sua moglie si erano recati” nel principato “per motivi di famiglia, che la macchina era la loro e che” l’imprenditore “li ha invitati per una rapida colazione. La notte in albergo – ha concluso – l’ha pagata il governatore di tasca propria”.

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