CASERTA – Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Carmine Crisci della Cisl che spiega le ragioni che hanno portato la triplice a non sfilare in corteo a Caserta nel giorno della Festa dei Lavoratori. “Quest’anno non si svolgerà a Caserta la tradizionale celebrazione della giornata del Primo Maggio, Festa del Lavoro. Delegazioni di lavoratori casertani parteciperanno alla manifestazione nazionale che riterrà a Rieti con la presenza dei Segretari Generali di CGIL, CISL e UIL Susanna Camusso, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti.
Non si tratta di un’abdicazione rispetto ad una tradizione, ma ad una scelta di non far scadere nella ritualità una Giornata importante per il mondo del lavoro e di una denuncia silenziosa dello stato in cui versa il nostro territorio anche per responsabilità delle istituzioni che lo governano e che dovrebbero impegnarsi in una prospettiva di sviluppo più volte richiesta dal sindacato e dalla CISL in particolare. Due anni orsono celebrammo il Primo Maggio al Teatro Comunale di Caserta invitando ad un grande dibattito le istituzioni locali, chiedendo impegni precisi di fronte ad una crisi già pesantemente incombente sul nostro territorio e offrendo volontà di dialogo e di concertazione per trovare risposte realistiche e possibili. In questi due anni non è venuta meno la disponibilità del sindacato e particolarmente della CISL, che abbiamo mantenuto inalterata di fronte a qualsiasi colore politico di governo delle istituzioni; ciò che è venuto clamorosamente meno è la capacità delle principali istituzioni, di superare la fase delle chiacchiere, del litigio perenne e di passare ai fatti, nonostante la maggiore incidenza e gravità della crisi. Bisogna constatare con amarezza che il tratto che maggiormente continua a contraddistinguere il modo di governare il territorio è il chiacchiericcio inconcludente, le promesse non mantenute, gli impegni solennemente presi e altrettanto clamorosamente disattesi. Non si riesce a far partire la Cabina di regia presso la Provincia per monitorare lo stato del territorio e mettere in campo le misure per fronteggiare la crisi; non si riesce ad andare oltre la pur doverosa gestione e intervento rispetto all’emergenza delle crisi industriali; non vi è la capacità e volontà di indicare una strada e le scelte corrispondenti su cui costruire il modello di futuro di questo territorio. Il rischio è che all’uscita dalla crisi il nostro territorio si troverà non solo in condizioni peggiori di quelle in cui vi è entrato, ma anche totalmente impreparato a cogliere opportunità. E’ questo il motivo per il quale la CISL di Caserta da anni insiste sul progetto: individuare, accanto agli interventi verso l’emergenza, gli assi su cui preparare il territorio ad affrontare la vera sfida della moderna competizione nell’economia globale, una competizione tra territori, che si può vincere solo se il territorio è integrato e coeso. Da qui la nostra denuncia che non ha nulla di protestatario e di anti-politico. Al contrario: occorrono una forte politica e forti istituzioni, che invece non vediamo all’opera. Come spiegare altrimenti il fallimento dell’ACMS se non con il fatto che la politica ha insistito per anni nella prassi della gestione dei servizi, visti non in rapporto alle esigenze dei cittadini, ma come casematte da conquistare per sistemare amici o politici trombati? E come spiegare che a distanza di mesi oltre 600.000 cittadini sono ancora privati del servizio, mentre continua il balletto tra istituzioni sulla legittimità dell’assegnazione delle tratte col rischio di bloccare tutto, nessuno si preoccupa del fatto che si sono perse centinaia di ore di scuola e di lavoro e le famiglie casertane si sono dovute sobbarcare ancore una volta i costi a causa della mancanza del trasporto pubblico? Unico caso in Italia, da 40 giorni è stato interrotto un servizio pubblico di prima necessità come il trasporto e nessuno interviene, in questo contesto veramente si fa fatica a parlare di legalità, forse al Ministro dell’interno Cancellieri questa storia non è stata raccontata. E’ possibile che tutto ciò avvenga in un territorio la cui situazione presenta dati drammatici? nel 2011 le ore di CIG ordinaria autorizzate dall’INPS sono 868.675, quelle di CIG Straordinaria 10.025.422; questo senza considerare la Cassa Integrazione in deroga. su una popolazione di quasi un milione di abitanti gli occupati sono appena 270.000, il 29,7% del totale; 210.000 sono i disoccupati , al netto degli inattivi, coloro cioè che il lavoro neanche se lo cercano più. disoccupazione femminile al 57%; quella giovanile che nella media provinciale è del 45,11% (dato 2011 ISTAT Campania), in alcune zone supera il 60; nella fascia di età dai 15 ai 24 anni è passato dal 35,12% del 2004 a quello attuale del 45,11%. nel 2010 il 34% dei giovani ha abbandonato il nostro territorio in cerca di lavoro altrove; nel 2011 la percentuale è salita al 39,7% : un’emigrazione non sono di braccia ma soprattutto di cervelli. Due generazioni di casertani stanno perdendo l’appuntamento con il lavoro. Cosa c’è da festeggiare in questo Primo Maggio? Il lavoro che manca? I lavoratori che scompaiono dalle aziende? I giovani che neanche si iscrivono all’Agenzia per l’impiego? La formazione professionale che non si fa? La decisione di non celebrare il Primo Maggio a Caserta non è quindi una rinuncia, è al contrario una protesta silenziosa per non ridurre una data così importante nella storia e nel cuore dei lavoratori né a un rito, né a una giornata di protesta simbolica, né tantomeno come occasione per offrire una passerella a chi fa della chiacchiera il proprio mestiere. La CISL vuole confrontarsi sui temi che servono al territorio: infrastrutture in primo luogo, dal Policlinico che va completato all’Interporto che va messo nella condizione di essere tale all’Aeroporto di Grazzanise da realizzare, senza le quali non c’è possibilità di sviluppo. Salvaguardia dell’apparato produttivo strategico e sua innovazione; ricerca e formazione; rilancio dell’agricoltura e della filiera agro-alimentare; turismo a partire ad quello marino con una nuova politica delle acque e della loro depurazione; riqualificazione dei centri storici delle città e dei centri commerciali naturali per rilanciare il turismo culturale, archeologico e l’agri-turismo. E inoltre creazione delle strutture di servizio alla piccola azienda in termini di ricerca, marketing, internazionalizzazione a partire da quelle operanti nel settore delle produzioni tipiche alimentari e non. Su queste questioni, che la CISL instancabilmente pone da anni al centro del dibattito e delle proprie iniziative e che servono a dare un futuro specie alle giovani generazioni, occorre che le istituzioni decidano una volta per tutte di fare la loro parte. Altrimenti a soffrirne sarà non solo la coesione sociale, ma la stessa tenuta democratica che ha i suoi nemici sia nell’anti-politica che nella cattiva politica: due facce della stessa medaglia. Insomma, la CISL si sente impegnata a favorire un cambiamento radicale, un cambiamento orientato a risolvere i problemi gravi delle famiglie, dei disoccupati, dei giovani e dei pensionati e rendere la nostra bella provincia vivibile nella legalità e attrattiva per lo sviluppo, così si può guardare ad un futuro diverso e poter festeggiare il lavoro e i lavoratori”.