Propaganda di Al Qaeda e Stato islamico, indottrinamento, radicalizzazione, e la spinta per un passo ulteriore: fuggire dall’Italia e raggiungere i territori controllati dalle milizie jihadiste. Questo, secondo le indagini del Reparto operativo speciale dei carabinieri, il programma di una presunta associazione terroristica al centro di un’inchiesta che ha visto questa mattina l’esecuzione di arresti nei confronti di cinque giovani italiani di origine straniera, tutti sotto i 30 anni (uno è minorenne), che sono residenti a Bologna, Milano, Udine e Perugia. Centrale il ruolo di una ventenne bolognese di origine pachistana. Uno degli indagati sarebbe già partito per il Corno d’Africa, si ritiene per combattere al fianco delle milizie jihadiste, sfuggendo così all’arresto. L’operazione del Ros è avvenuta su richiesta della Procura di Bologna – Dipartimento Antiterrorismo che ha diretto, con il coordinamento della procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. Venerdì 27 dicembre gli interrogatori di garanzia per gli arrestati.

Nel dettaglio, quattro degli indagati sono accusati di aver costituito un’associazione terroristica d’ispirazione salafita-jihadista denominata Da’wa Italia, promotrice tramite internet di contenuti jihadisti per il reclutamento di nuovi adepti. In grado di passare velocemente dalla teoria alla pratica: un elemento del gruppo avrebbe infatti lasciato l’Italia per il Corno d’Africa prima dell’emissione del provvedimento cautelare di oggi. Per il quinto giovane, il minorenne, fratello della principale indagata del gruppo, si ipotizza l’avvio di un processo di radicalizzazione proprio sotto l’egida della sorella; gli viene contestata l’ipotesi dell’addestramento finalizzato a un possibile arruolamento nell’ambito di organizzazioni terroristiche jihadiste.

Il gruppo Da’wa, ovvero “chiamata”
L’inchiesta è scattata a settembre 2023, dal monitoraggio dei circuiti radicali di matrice jihadista: la rete, spiega l’Arma, si conferma “un formidabile strumento per avvicinare e fidelizzare soprattutto giovani di seconda generazione con un background migratorio o ragazzi italiani in cerca di una chiara identità e che più di altri subiscono la fascinazione della retorica jihadista globale”. Nel mirino degli investigatori è finita presto una ragazza di origine pachistana cresciuta e residente a Bologna, capace di coinvolgere una ragazza di Spoleto di origine algerina. Avrebbero dato vita al gruppo “Da’wa”, ovvero “chiamata” in arabo, da intendersi come invocazione ad abbracciare la “giusta” versione dell’Islam. La stessa giovane bolognese sarebbe riuscita a radicalizzare il fratello. Le indagini hanno permesso di scoprire altri membri, come un giovane cresciuto a Milano – di origine marocchina – che si ritene si sia unito alle milizie jihadiste operanti nel Corno d’Africa e un altro di origine turca, da molti anni residente fra le province di Gorizia e Udine.

“Giovani affascinati dalla propaganda”
L’Arma sottolinea in una nota come “nelle vicende di questo gruppo si rinvengono alcuni punti cardine del movimento jihadista globale: il sempre maggiore ricorso ai giovani, spesso anche minorenni, che risultano particolarmente affascinati dalla propaganda e che in breve a loro volta diventano strumenti di diffusione del messaggio, oltre a risultare imprevedibili nel potenziale passaggio all’azione e quindi ancora più pericolosi”. Nel corso delle indagini “è stato possibile assistere a una rapida e per questo preoccupante evoluzione nelle intenzioni degli indagati di non limitare il loro impegno alla sola propaganda di contenuti jihadisti, ma di ampliare il raggi di azione verso nuovi soggetti (è il caso del fratello della principale indagata) oltre a ricercare contatti al di fuori dell’Italia per cercare di raggiungere i territori controllati dalle milizie jihadiste”. Le indagini non si fermano: i pc e gli altri dispositivi sequestrati a casa dei giovani aiuteranno gli investigatori a capire quali connessioni avessero a livello italiano ed europeo.

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