Saranno mesi di fuoco per Daniela Santanchè. Il rinvio a giudizio disposto due giorni fa per i presunti falsi in bilancio di Visibilia è solo la prima di una serie di scadenze che terranno per mesi la ministra di Fratelli d’Italia sulla graticola giudiziaria. La decisione del gup di Milano Anna Magelli di disporre il processo vedrà Santanchè sul banco degli imputati dal prossimo 20 marzo, quando si aprirà il dibattimento per false comunicazioni sociali per lei e altri quindici imputati, tra cui il fidanzato Dimitri Kunz, l’ex compagno Canio Giovanni Mazzaro, la sorella Fiorella Garnero e la nipote Silvia Garnero. Indagata già quando in Parlamento negava di esserlo, la ministra dovrà ora difendersi dall’accusa dei pm Marina Gravina e Luigi Luzi (e del pm Roberto Fontana, ora al Csm) di aver truccato i conti delle sue società. Nel frattempo, il prossimo 29 gennaio, la Cassazione si pronuncerà sulla competenza territoriale del procedimento in cui Santanchè è imputata per truffa aggravata ai danni dell’Inps, per la cassa integrazione incassata per 13 dipendenti del gruppo Visibilia, che continuarono invece a lavorare durante i mesi della pandemia. Una questione sollevata dagli avvocati Nicolò Pelanda e Salvatore Sanzo, che hanno chiesto il trasferimento degli atti a Roma. Un’opzione che sfilerebbe il processo dalle mani dei pubblici ministeri che hanno indagato e chiesto il processo. Se resterà a Milano è già in programma la prossima udienza a fine marzo.
Altri e altrettanto pesanti problemi giudiziari arrivano dai filoni d’indagine ancora aperti. La procura ha iscritto nei mesi scorsi la ministra per bancarotta fraudolenta per il fallimento di Ki Group, un tempo un piccolo gioiello del biologico, dichiarato fallito un anno fa. Simili risvolti penali potrebbero aversi dopo la liquidazione giudiziaria dei mesi scorsi di altre società del gruppo, tra cui Biofood e Bioera. Un ginepraio di accuse da cui non sarà facile uscire indenni. Tanto più dopo i patteggiamenti ratificati due giorni fa in udienza, insieme ai rinvii a giudizio, per Visibilia Editore e Visibilia Editrice e per un ex consigliere del gruppo. Se il giudice ha dato l’ok all’accordo sulle pene è perché considera provati buchi e irregolarità nei bilanci, che per l’accusa coprono un periodo che va dal 2016 (prescritti fino al 2018) al 2022 e nascondono perdite milionarie. Per la ministra e i suoi coimputati, scrive il gup, “è indispensabile procedere al vaglio del dibattimento” dato che “a carico degli imputati sussistono fonti di prova che escludono la possibilità di emettere una sentenza di non luogo a procedere”.
Mesi di fuoco quindi. Con accuse già formulate e altre che potrebbero arrivare nei prossimi mesi. E da cui, se non arriverà il passo indietro, la ministra dovrà difendersi. Sullo sfondo restano indagini che non coinvolgono Daniela Santanchè, ma in qualche modo la chiamano in causa: quella sul misterioso fondo Negma e l’altra sul suicidio del “re dei condomini” Luca Ruffino. In momenti diversi finanziarono le società del gruppo Visibilia nel tentativo, fallito, di evitare i mesi complicati che ora aspettano la ministra.