E’ stato depositato alla Corte Costituzionale il ricorso per conflitto di attribuzione della Presidenza della Repubblica contro la Procura di Palermo per le decisioni che questa ha assunto sulle intercettazioni di conversazioni telefoniche del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

Lo fa sapere l’Avvocatura dello Stato. Quella intercettata su disposizione della Procura di Palermo, che indaga sulla presunta trattativa Stato-mafia condotta nei primi anni ’90, e’ una conversazione telefonica tra l’ex ministro Nicola Mancino e il Capo dello Stato Giorgio Napolitano. L’intercettazione che riguarda Napolitano, quindi, è indiretta, perché l’utenza sotto controllo era quella di Mancino, che nell’inchiesta è indagato per falsa testimonianza. Il contenuto dell’intercettazione non è mai stato reso pubblico, ma la notizia è filtrata. I magistrati hanno affermato che quella conversazione è irrilevante ai fini dell’ inchiesta, ma non ne hanno disposto la distruzione, affermando che su una decisione di questo tipo avrebbe dovuto pronunciarsi il Gip, sentite le parti. Il Colle ha reputato la decisione della Procura di Palermo lesiva delle prerogative che la Costituzione attribuisce al Capo dello Stato. In particolare l’articolo 90 della Carta costituzionale stabilisce, tra le altre cose, che “il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione”. E la legge 219 dell’89 prevede che il presidente della Repubblica non possa essere sottoposto a intercettazione se non dopo essere stato sospeso dalle funzioni a seguito del procedimento d’accusa previsto proprio dall’art. 90 della Costituzione. Ora la parola passa alla Consulta, che dovrà in prima battuta decidere se il ricorso presentato dall’Avvocatura dello Stato è ammissibile o meno.

 

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