“Mi sono stancato di passare per il monello in cerca di un posto, il ragazzo tarantolato con la passione del potere. Se c’é bisogno di me, me lo diranno i sindaci, i militanti. Persone che stimo molto mi consigliavano di non farlo; ora però si vanno convincendo anche loro”. Lo afferma in una intervista al Corriere della Sera il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, sottolineando che i ruolo di leader di partito e di primo cittadino “non sono incompatibili”.

E comunque, se ci sarà la sua candidatura alla segreteria, “di sicuro non sarà come l’altra volta una campagna improvvisata, per quanto bella. C’é bisogno di una squadra ben definita”. La sua scelta “dipende dal Pd, non da me”. Ma ora “anche i bersaniani mi chiedono ‘Matteo ora basta, ci stai o no?’ “. Certo, se dovesse diventare segretario il rischio che il governo cada in pochi mesi come successe a Prodi con Veltroni “c’é. Anche più grave di quello del 2007” viste le larghe intese di oggi. “Io – aggiunge – spero che Letta abbia successo. Lo stimo, abbiamo un bel rapporto. Apprezzo il suo equilibrio; mi convincerà meno se cercherà l’equilibrismo”. Quanto alle riforme, per Renzi “la prima cosa è la legge elettorale e invece la si vuol mettere ultima”. E i saggi? “Quando la politica non vuole risolvere le cose fa una commissione”. Il sindaco respinge critiche e ironie per il suo pranzo con Flavio Briatore: “Sono curioso – dice – non voglio chiudermi nel mio steccato” e “questo moralismo senza morale lo trovo insopportabile, questa saccenteria, questa pretesa di superiorità etica è la maledizione della sinistra”. Renzi non rinnega “la battaglia per la rottamazione, la rifarei, anche se rinunciare a D’Alema e tenersi Fioroni non è stato un affare”. Sul finanziamento ai partiti “taccio, ho fatto voto di non parlare male del governo” ma “si poteva avere più coraggio, spero il parlamento lo migliori”.

 

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