di Pasquale Iorio*

Nella data dell’ 11 ottobre 2011 ricorre il 31° anniversario dell’uccisione di Ciro Rossetti e il 28° anniversario dell’uccisione di Francesco Imposimato: due operai vittime della barbarie omicida della camorra e del terrorismo.

Sono stati due vittime innocenti del clima di violenza che in quegli anni ha insanguinato il nostro paese e la nostra provincia, con un pesante attacco alle condizioni di vita sindacale, democratica e civile. Oggi è importante ricordare queste figure per non dimenticare i pericoli che abbiamo corso . Ciro Rossetti venne ucciso l’11 ottobre del 1980 a San Giovanni a Teduccio, quartiere del napoletano, mentre si recava con la famiglia a casa della madre per assistere ad una partita di calcio. Era un giovane operaio dell’Alfasud, padre di due bambini, che con la malavita della zona non aveva nulla da spartire. Ancora più spettacolare fu l’esecuzione di Francesco Imposimato, che venne trucidato l’11 ottobre 1983 ( mentre la moglie Maria Luisa Rossi restò ferita), davanti ai cancelli della sua fabbrica – la Face Standard di Maddaloni. . Come è stato ricordato in una nota della Fondazione Polis, che sta svolgendo un ottimo lavoro di documentazione e di memoria storica sulle vittime delle mafie, Imposimato era un iscritto al Partito Comunista, molto attivo nella vita politica e sindacale. Ricordo i suoi interventi appassionati, di vero militante FIOM CGIL, nelle assemblee di fabbrica e nelle manifestazioni. Nello stesso tempo svolgeva una intensa attività culturale, con un particolare interesse alla salvaguardia dell’ambiente e dei centri storici. Memorabili restano le sue battaglie contro lo scempio delle cave sui Monti Tifatini. Per i suoi assassini aveva una grave colpa: era il fratello del giudice Ferdinando, in servizio presso il tribunale di Roma. Per questo la “cupola” mafiosa decise la sua morte, che era già scritta da tempo: nel marzo del 1983 gli rubano la Ritmo (poi utilizzata nell’agguato) e veniva pedinato. Il fratello giudice, Ferdinando Imposimato, comprende l’esistenza di un reale pericolo: si rivolge ai carabinieri perché venga allestito un servizio di scorta e sollecita il direttore generale della Face Standard a trasferire il fratello. Dalle indagini e dai processi emerge la matrice mafioso-camorrista del crimine: si è voluto colpire il giudice Ferdinando Imposimato con un’azione trasversale. All’origine dell’omicidio del sindacalista c’era un patto di ferro fra banda della Magliana, mafia e camorra. Come è emerso dalle sentenze e condanne, a volere l’omicidio fu Pippo Calò, considerato il cassiere della mafia, ed Ernesto Diotallevi, uomo di punta della banda della Magliana. Visto che Francesco Imposimato viveva in Campania, era coinvolto anche Lorenzo Nuvoletta. Secondo la ricostruzione dei magistrati, Pippo Calò ed Ernesto Diotallevi decisero di uccidere il giudice Imposimato quando questi si avvicinò a loro nel corso delle indagini sull’omicidio di Domenico Balducci e su una serie di speculazioni edilizie nella Capitale. I due compresero che un agguato non sarebbe stato possibile, ma non per questo rinunciarono al loro obiettivo. Spostarono soltanto il tiro: il magistrato avrebbe, comunque, capito il messaggio e si sarebbe fermato. Allora si rivolsero ai Nuvoletta che erano interessati ad eliminare proprio Francesco Imposimato. Il sindacalista, infatti, aveva avviato una battaglia per fermare le cave abusive sui monti Tifatini, da dove è estratto il materiale per costruire dei tratti ferroviari i cui appalti erano affidati a ditte che facevano capo al boss di Marano. Appariva chiaro che l’impegno di Imposimato fosse tutt’altro che gradito al potente clan. La morte di Franco Imposimato rientra nelle classiche vendette trasversali in quanto risultava impossibile colpire il fratello giudice. E’ ancora viva la commozione che suscitò la notizia del suo assassinio, a cui seguì una forte mobilitazione unitaria del sindacato con una grande manifestazione dai cancelli della fabbrica per le strade di Maddaloni. Tutta la città si strinse commossa intorno al feretro di Francesco, a fianco della moglie e dei figli. Toccò a me fare l’intervento conclusivo (a nome di CGIL-CISL-UIL), insieme ad Antonio Bassolino ed al fratello Ferdinando. Per ricordare la figura di Franco, la CGIL di Caserta – insieme alla rete di associazioni del terzo settore ed alla piazza del sapere – sta preparando una iniziativa che si terrà a breve a Maddaloni. *Già Segretario Provinciale CGIL Caserta

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