A 22 anni dalla prima condanna, che lo ha visto imputato e poi condannato definitivamente, con Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, l’ex leader di ‘Lotta Continua’ Adriano Sofri ha terminato di pagare il suo conto con la giustizia.

Da sempre dichiaratosi estraneo alla vicenda, Sofri da anni era agli arresti domiciliari per motivi di salute e beneficiava di permessi per uscire. Nel 2005, infatti, l’improvvisa rottura dell’esofago lo aveva costretto a subire diversi interventi chirurgici: per questo aveva goduto della sospensione della pena e poi della detenzione domiciliare nella sua casa all’Impruneta, nei pressi di Firenze. Con il ‘fine pena’ di Sofri si chiude una delle piu’ complesse vicende giudiziarie degli ultimi decenni, un processo durato 12 anni, passato attraverso ben 14 sentenze: mai concessa (ne’ richiesta dal condannato) la grazia, al centro di numerosi dibattiti politici di questi anni. Il primo arresto di Sofri avviene nel 1988, a ben 16 anni dai fatti contestati (Calabresi viene assassinato il 17 maggio del 1972), a seguito delle ‘confessioni’ del ‘pentito’ Salvatore Marino, ex militante di Lotta Continua. Marino chiama in causa Sofri, Bompressi e Pietrostefani, sostiene di essere stato lui a guidare la macchina servita per l’attentato, mentre, a suo dire, a uccidere il commissario fu Bompressi. La responsabilita’ di Pietrostefani e Sofri, invece, secondo la ricostruzione di Marino, sarebbe di “ordine morale”, ossia quella di “mandatari”. Versione sempre negata dagli imputati, condannati in via definitiva a 22 anni di reclusione, senza mai ottenere la revisione del procedimento. Sofri ha scontato la sua pena, Bompressi ha ottenuto la grazia nel 2006, mentre Pietrostefani e’ latitante in Francia nel 2002.

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