La Fininvest di Silvio Berlusconi dovrà versare come danni non patrimoniali alla Cir della famiglia De Benedetti soltanto 246mila euro e non i 32 milioni di euro richiesti. Lo ha stabilito il Tribunale di Milano nella causa civile ‘bis’ sulla vicenda del Lodo Mondadori. Per il giudice Nadia dell’Arciprete l’unico risarcimento non patrimoniale che può essere concesso a Cir in questa causa ‘bis’ è “la lesione dell’interesse costituzionale al giusto processo”.

E’ questa, scrive nel provvedimento, “(e solo questa) la lesione che deve trovare ristoro monetario nella presente sede” con la cifra di 246mila euro. “Nemmeno può tenersi conto – spiega il magistrato – di altre voci di danno ‘in via indiretta’”. Coglie nel segno, scrive il giudice, “l’eccezione della Fininvest là dove contesta il fatto che la Cir chieda che si tenga conto delle ricadute negative sulla immagine della danneggiata”. Identica considerazione “valga per la presunta lesione dell’onore e della reputazione, come pure per tutti i riferimenti a fatti o circostanze del tutto estranei al terreno risarcitorio oggetto dell’odierno procedimento, come la presunta caduta del titolo Cir in borsa”. Per il giudice, infatti, conta il fatto che la Cassazione, nel settembre 2013 nel condannare definitivamente la Fininvest a versare 494 milioni all’editore del gruppo Repubblica-Espresso per i danni patrimoniali, aveva demandato ad altro giudice la liquidazione di quelli non patrimoniali, ma indicandoli soltanto come lesione del giusto processo. “Va precisato, così respingendosi ogni diversa richiesta della parte attrice – si legge in sentenza – che si è formato il giudicato sul tipo di danno che è ammesso a ristoro nell’odierno processo. Infatti, non ogni lesione è stata stimata esistente dal giudice della pregressa fase di cognizione”. In particolare, “nell’ottica della condanna generica, il giudice di merito ha enucleato (…) ‘da un fatto di corruzione in atti giudiziari una potenzialità dannosa non eccentrica, ma perfettamente consonante, sul piano del danno non patrimoniale, rispetto all’uso abnorme del processo conseguente alla consumazione di un delitto che, dal punto di vista della persona offesa, era idoneo ad integrare ‘in modo emblematico’ (e dunque, sul piano della presunzione semplice) la lesione dell’ interesse costituzionale al giusto processo (e, prima ancora, alla tutela effettiva dei propri diritti)”. E su questo il giudice ha deciso oggi. Non era, infatti, “compito” della Cassazione in quella sede “l’accertamento in concreto del danno nella sua definitiva determinazione, essendo tale compito (…) successivamente riservato al giudice del quantum debeatur”, ossia quello della causa ‘bis’.

 

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