NAPOLI – La Guardia di Finanza ha arrestato, con l’accusa di riciclaggio e usura, tre persone ritenute vicine al clan napoletano “D’Ausilio”. Sequestrato uno yacht di 60 piedi, per un valore di 500mila euro. L’imbarcazione, come appurato dai finanzieri di Formia e Gaeta, era stata rubata in Campania due anni prima, poi ne erano stati alterati i codici identificativi e la matricola del motore. Così, lo yacht poteva essere utilizzato e rivenduto con estrema facilità, senza essere riconosciuto come rubato. Grazie ad una serie di intestazioni fittizie e modifiche strutturali, i tre arrestati – Rodolfo Baldascino, Antonio Carpentieri, Vincenzo Canfora – stavano cercando di rivendere per conto del clan.

L’operazione della Guardia di Finanza è iniziata lo scorso febbraio quando finanzieri della sezione operativa navale di Gaeta, nel corso dei consueti controlli economici del territorio, hanno notato la presenza del ‘Moni Mela’, un grosso Conam sport ht58 battente bandiera inglese, ormeggiato presso il porto turistico Flavio Gioia di Gaeta. Sin dai primi momenti sono emersi dubbi sulla legittima titolarità dell’imbarcazione, formalmente intestata ad una società di capitali spagnola amministrata da Baldascino, che ha precedenti penali, non ultima una recente accusa, mossa sempre dalla stessa autorità giudiziaria antimafia, di appartenenza clan D’Ausilio, nelle cui fila avrebbe svolto il ruolo di riciclatore dei proventi dell’usura e di altre attività illecite in diretto collegamento con il capo clan Domenico D’ausilio. E’ anche per queste vicende giudiziarie che Baldascino aveva deciso di spostarsi in zone più tranquille come Formia e Gaeta. Le indagini hanno, poi, accertato che la ‘Moni Mela’ non solo era stata rubata in Campania due anni prima, ma era stata addirittura “clonata”, alterando la matricola dei motori e di altri componenti peculiari. L’ordinanza cautelare ha raggiunto, oltre Baldascino, anche Antonio Carpentieri che si ritiene abbia svolto il ruolo di intermediario di Baladascino con gli studi legali e gli uffici stranieri per il perfezionamento delle pratiche di trasferimento di proprietà e compravendita, nonché Vincenzo Canfora, meccanico di fiducia dei due che aveva il compito di curare gli aspetti tecnici relativi all’alterazione delle matricole dei motori e alla sostituzione dei codici identificativi dell’imbarcazione. L’analisi delle rotte del gps di bordo ha poi permesso di scoprire che l’imbarcazione era stata utilizzata anche come charter nelle acque francesi e spagnole per diversi mesi. L’imbarcazione, dopo essere stata rinominata ‘Papillon’, era ancorata nel porto di Procida in procinto di essere venduta.

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