Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti non risulta ”assolutamente” indagato dalla procura di Napoli. La precisazione arriva direttamente dal procuratore capo Giandomenico Lepore ed ha un duplice effetto: smentire una convocazione nei prossimi giorni del titolare dell’Economia, per essere nuovamente ascoltato nell’ambito dell’inchiesta in cui e’ indagato il suo ex consigliere politico Marco Milanese, e stoppare le voci di dimissioni del titolare di via XX settembre che potrebbero indebolire politicamente lo stesso ministro in un momento particolarmente delicato per l’economia italiana. La risposta di Tremonti arriva a stretto giro: ”Prendo atto con molta soddisfazione di quanto comunicato dal capo della Procura della Repubblica di Napoli. La notizia e’ per me molto positiva, tanto sul piano personale quanto sul piano istituzionale”. Il ministro dell’Economia conclude poi sostenendo che, ”come sempre, ho fiducia nella giustizia”. Dai magistrati napoletani il titolare di via XX settembre era stato ascoltato lo scorso 17 giugno e in quell’occasione aveva raccontato ai magistrati le problematiche che stanno attraversando la Guardia di Finanza e il timore che nei suoi confronti fosse utilizzato il ‘metodo Boffo’, per screditarlo politicamente. Sulle ”cordate” all’interno del Corpo, il ministro e’ stato netto. Nella prospettiva di diventare comandanti, ha detto ai pm, i generali ”hanno preso a coltivare relazioni esterne al corpo che non trovo opportune”. Tanto che di queste ‘frequentazioni’ il ministro ne ha parlato con il comandante Nino di Paolo suggerendo di dare alcune direttive ai sottoposti. ”Possiamo dire che gli dissi – ha messo a verbale Tremonti – meno salotti, meno palazzi, consegne in caserma”. Ma le relazioni potrebbero avere anche un altro scopo: mettere in difficolta’ proprio il ministro. Quando i pm gli fanno sentire la telefonata tra il premier e il capo di Stato Maggiore della Gdf Michele Adinolfi e gli chiedono se Berlusconi avesse utilizzato strumentalmente la Gdf contro di lui, risponde cosi’: ”non ho mai detto a Berlusconi che mi voleva far fuori tramite la Gdf”. Certo pero’ e’ che ”in parallelo, su alcuni settori della stampa, si manifestava una tendenza, una spinta alle mie dimissioni se non avessi modificato le mie posizioni” sulla politica economica. E questo porto’ il ministro a mostrare chiara e tonda al premier la sua ”refrattarieta’ ad essere oggetto di campagne stampa tipo quella ‘Boffo”’, di cui c’erano ”voci in Parlamento”. Dell’episodio parla anche Milanese. ”Tremonti – racconta ai pm – mi ha detto che ha avuto uno sfogo con il presidente del Consiglio Berlusconi perch‚ aveva saputo che lui, il ministro, era seguito. O comunque negli ambienti politici si dice che stanno attuando il ‘metodo Boffo’ anche nei suoi confronti…Lui mi ha ribadito che ha riferito a Berlusconi che stanno cercando ‘cose’ per metterlo in difficolta’ da un punto di vista politico”. Ma chi Š che si sta muovendo? “Ho capito – affermava Milanese – che faceva riferimento anche alla Guardia di Finanza ed al generale Adinolfi come partecipanti a questo piano ordito nei suoi confronti”. Voci che si vanno ad aggiungere ad un’altra circolata per tutto il giorno: le dimissioni da capo di Stato Maggiore della Gdf, proprio di Adinolfi, indagato nell’inchiesta P4 per rivelazioni di segreto d’ufficio e favoreggiamento. ”Sono voci infondate” dicono al Comando generale confermando pero’ che, a breve, il capo di Stato Maggiore assumera’ un nuovo incarico. Un cambiamento, precisano, che non va legato all’inchiesta in corso poiche Adinolfi e’ stato ”promosso l’anno scorso generale di Corpo d’Armata con decorrenza 1 luglio”. Dunque, ”quando assumera’ il grado sara’ assegnato ad un nuovo incarico coerente con il grado di generale di Corpo d’Armata”. Quale? Nessuna decisione, si apprende, e’ ancora stata presa, ma i ruoli possibili sono uno tra Comando interregionale, Reparti speciali, Comando aeronavale, Ispettore per gli istituti di istruzione, comandante in seconda. Le precisazioni che arrivano da viale XXI Aprile non placano pero’ la bufera che si e’ abbattuta sul Corpo. Lo conferma la sottolineatura dell’avvocato del generale Vito Bardi (anche lui indagato nell’inchiesta P4 con le stesse accuse) dopo la pubblicazione dei verbali di altri due generali, Emilio Spaziante e Paolo Poletti (il primo comandante dell’Italia centrale della Gdf, il secondo vice dell’Aisi ed ex della Finanza) in merito al comportamento del loro collega. Secondo i due, Bardi non doveva riferire al comando generale le notizie relative all’inchiesta napoletana e, tantomeno, svelare che erano sotto intercettazione politici e personaggi istituzionali. Secondo l’avvocato, invece, Bardi si e’ comportato con ”trasparenza e rigore istituzionale”, informando ”per via gerarchica e in ottemperanza a quanto avviene periodicamente per inchieste sensibili” il Comando sulle indagini in corso. Una ”consolidata prassi” da cui ”nessun vertice nazionale, interregionale o regionale, ha mai dissentito, non solo della Guardia di Finanza”. (

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