In Campania “era stato decretato lo stato di emergenza rifiuti. In questa situazione De Luca ha agito utilizzando i poteri di commissario delegato e in tale funzione ha provveduto alla riorganizzazione del settore”. Lo scrive la sesta sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 13 settembre ha confermato l’assoluzione dell’ex sindaco e attuale presidente della Campania, Vincenzo De Luca, dall’accusa di concorso in abuso d’ufficio per la vicenda del termovalorizzatore di Salerno. In primo grado De Luca era stato condannato a un anno di reclusione, pena sospesa. La vicenda giudiziaria ruotava attorno alla nomina nel 2008 – all’epoca De Luca era commissario di governo – di un ‘project manager’, Alberto Di Lorenzo, da affiancare al tecnico già nominato, il dirigente del settore Lavori Pubblici del Comune di Salerno, l’ingegner Domenico Barletta, (coimputati nel procedimento) all’interno del gruppo di lavoro che doveva progettare la realizzazione di un inceneritore. Secondo i giudici di primo grado la nomina riguardava una figura non prevista dall’ordinamento e come tale il suo compenso comportava un ingiusto profitto. Al contrario, quelli d’appello hanno negato la presenza di violazioni, perché l’istituzione di figure atipiche è autorizzata dai poteri derogatori attribuiti a De Luca come commissario straordinario. Questa conclusione fa propria anche la Cassazione: in tale veste il sindaco si poteva avvalere di deroghe e ricorrere a “provvedimenti atipici”, organizzare la struttura “in maniera discrezionale, ma in modo tale che sia funzionale per affrontare in maniera efficiente l’emergenza. Ed è quello che fatto l’imputato De Luca – scrivono i giudici – esercitando le sue attribuzioni di commissario”.

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