Davanti al fioccare dei post di giubilo che hanno inondato le bacheche dei social network in seguito alla notizia dell’acquisto della Reggia di Carditello da parte della società Sga, controllata dal Ministero dell’Economia, per la cifra di 11,5 milioni di euro, un milione e mezzo in più dei dieci a cui era arrivato il prezzo a base d’asta dopo ben 11 sedute andate deserte nel corso di tre anni, e la dodicesima che ha portato la novità, la prima domanda che viene quasi naturale è: e adesso?

Il comune denominatore dei commenti apparsi in queste ore infatti, al di là del ridicolo campanilismo di stampo politico di alcune persone che neanche sanno dove si trova la Reggia, sono i numerosi attestati di stima nei confronti dell’attuale Ministro dei Beni Culturali, Massimo Bray, al quale va sicuramente il plauso per il fondamentale interessamento nei confronti di una vicenda che si trascinava ormai da troppi anni e che in qualche modo aveva bisogno di uno sbocco importante, ma che non può rappresentare in nessun modo un punto di arrivo bensì, per quanto possa sembrare scontato, deve essere un categorico punto di partenza.

Per anni infatti, si sono susseguite dichiarazioni in pompa magna di fantomatiche fondazioni, l’ultima delle quali comparsa forse solo sui giornali formata addirittura da 11 ordini professionali attivi nella provincia di Caserta, prontissime a intervenire nel recupero del sito con progetti di ogni genere, salvo poi sparire con la coda tra le gambe più o meno coscienti di non avere tra le mani uno straccio di progettualità e soprattutto nemmeno un euro da investire.

Gli stessi anni in cui, le associazioni facenti parti Agenda 21, Siti Reali, e numerose altre realtà territoriali, ma soprattutto l’immensa opera del compianto Tommaso Cestrone, il volontario della protezione civile morto nella scorsa notte di Natale, ribattezzato “Angelo di Carditello” per la tenacia con cui negli ultimi due anni si era speso anima e corpo nella difesa di Carditello, contro delle condizioni di degrado tutt’altro che favorevoli in cui operare,  sono riusciti a  mantenere viva l’attenzione sul complesso borbonico con regolari campagne di apertura straordinaria al pubblico durante le quali, attraverso visite guidate, eventi tematici e un sano impegno professionale, si è cercato far conoscere e amare uno dei maggiori gioielli del grande patrimonio storico-artistico di Terra di Lavoro.

Oggi quindi, dopo un degrado alimentato da decenni di incuria, vandalismo e la macabra complicità del disinteresse da parte di gran parte delle istituzioni sia locali e che centrali che ne hanno completamente sfigurato il remoto splendore, l’acquisto da parte dello Stato del cosiddetto Real Sito di Carditello sembra offrire a questo territorio che ne reclama gli antichi fasti, non la speranza con cui troppo a lungo si dovuto convivere di rivederne risollevate le sorti, ma la certezza che una nuova vita per la Reggia e per il territorio che la circonda, da intraprendere attraverso rapide azioni conseguenziali, è possibile. Sarebbe un segnale, quello, veramente importante di come la politica intende ritornare concretamente sul territorio.

Vincenzo Viglione

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