di Pasquale Iorio*

In vista della prossima visita a Caserta del 14 ottobre al Teatro Comunale, mi permetto di sottoporre a Mattero Renzi  alcune riflessioni, con stima e simpatia, dopo aver letto il suo intervento pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno del 26-09-2012.

Devo dire che mi è apparso alquanto deludente e generico: nel testo non vedo i contenuti  di una “rivoluzione per il Sud” – come si legge nel titolo. Mi sembra alquanto sbrigativo sostenere di non vedere “né una questione meridionale, né una questione settentrionale”. Forse Renzi farebbe bene a leggere gli ultimi contributi dei più autorevoli studiosi in materia, a partire da quello di Carlo Trigilia che nel suo recente scritto “Non c’è Nord senza Sud” (Il Mulino), sottolinea: “Non è possibile immaginare una vera svolta in direzione di una crescita solida dell’italia se non verrà sciolto il nodo del Mezzogiorno”, dove lui sostiene “è cresciuta la dipendenza dell’economia, dell’occupazione e delle condizioni di vita della politica”.  In merito basta vedere i drammatici ed allarmanti dati resi noti proprio in questi giorni  dal Rapporto annuale della SVIMEZ.

 

Spero che Renzi non sia portato a pensare che l’innovazione in politica può essere fatta rottamando le persone insieme con la migliore tradizione storica e culturale su cui è nata la sinistra democratica e riformista. Mi riferisco al grande filone del “meridionalismo” che si basa sul pensiero di personalità come Giustino Fortunato e Manlio Rossi Doria, come Gaetano Salvemini ed Antonio Gramsci, come Di Vittorio e d. Luigi Sturzo, come Danilo Dolci, Gerardo Chiaromonte ed Aldo Moro. A questo già ci pensa Marchionne con la sua visione autoritaria di gestione delle relazioni sindacali.

Come Trigilia – che insegna nella prestigiosa Università di Firenze, concordo con Renzi laddove sostiene che per innovare bisogna ridisegnare “una politica di sviluppo dei territori che sia insieme efficace e senza aggravi per la finanza pubblica”.

Nello stesso tempo mi sembra valido sostenere che il Sud per crescere deve puntare sulla valorizzazione delle sue migliori energie e risorse, a partire dalle intelligenze sprecate di tanti giovani talenti che qui non hanno futuro e dalla capacità di promuovere sui mercati globali le tante tipicità dei prodotti agricoli ed artigianali di cui è ricco il nostro territorio.

Mi stupisce che nel suo intervento non c’è alcun richiamo ad uno dei problemi che più condizionano lo sviluppo del Sud e dell’intero Paese: mi riferisco alla necessità primaria di una forte lotta per affermare la cultura della legalità, per una lotta che non sia solo di resistenza ma di riscatto civico e sociale (a partire da quelle terre tristemente famose per le mafie che vi imperano). Proprio su questo fronte sta nascendo una delle novità più importanti, quella legata alle esperienze ormai diffuse nelle nostre regioni, che vedono tanti giovani protagonisti di una nuova economia, di reti di associazioni e di imprese o cooperative sociali che stanno utilizzando i beni confiscati alla camorra.

Da qui può partire un segnale nuovo su cui far leva per far crescere una diversa cultura della cittadinanza attiva e della partecipazione consapevole per una nuova classe dirigente, capace di rigenerare la politica e le istituzioni locali, troppo spesso colluse con i poteri criminali o impantanate in scandali morali e amministrativi.

Da questi contenuti, da politiche capaci di creare innovazione, conoscenza e nuovi saperi (magari legati anche ad antichi mestieri  dell’artigianato di qualità, che in alcune realtà rischiano di scomparire) possono nascere le basi per una “vera rivoluzione per il Sud”.

Per questi motivi con la rete delle Piazze del Sapere in Terra di Lavoro abbiamo deciso di dare un contributo per organizzare degli eventi tematici a partire da ottobre – su sviluppo e Mezzogiorno, su legalità e cittadinanza attiva, su cultura e saperi, sulle pari opportunità e lavoro –  come contributo aperto al dibattito verso le primarie .

*Vice presidente Aislo

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