di Mario De Michele

Chi mi conosce bene lo sa: sono impulsivo e viscerale. Nella vita privata quanto nell’attività professionale. Ho un caratteraccio. E proprio la mia indole mi ha giocato un brutto scherzo ieri durante il processo a carico del consigliere regionale Enrico Fabozzi.

Nel corso dell’udienza presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere (proprio verso la fine, in cauda venenum) mi è uscito di bocca, veloce come una saetta, un “bravo” diretto a Nicola Ferraro, chiamato a testimoniare dal pm Antonello Ardituro. Dopo un attimo di gelo in sala, si è scatenata la giusta e veemente reazione di Ardituro, che ha chiesto il mio allontanamento dall’aula.

Ma che gli è successo?! Hanno pensato i due miei colleghi delle agenzie di stampa, che con i loro successivi “lanci” non hanno perso l’occasione per creare il “caso”. Ecco cosa è successo: riferendosi alle elezioni regionali e a quelle comunali di Castel Volturno del 2005, il pm Ardituro (non ricordo perché) chiede a Ferraro, allora candidato alla Regione e poi eletto nelle fila dell’Udeur, se avesse seguito da vicino anche le amministrative di Castel Volturno.

Ferraro risponde candidamente: “Pensavo a fare campagna elettorale per me”. Ma Ardituro non è convinto, insiste: “Come, lei va a fare incontri elettorali per le Regionali a Castel Volturno e non si occupa delle comunali in corso?”. A stretto giro la risposta di Ferraro: “Si vede che lei non si è mai candidato, con i voti di preferenza io pensavo a me, non agli altri, anzi erano gli altri che si dovevano mobilitare per farmi votare”.

A quel punto è partito il mio “bravo”, che lo dico con onestà non pensavo fosse così fragoroso. Ma perché ho detto “bravo” a Ferraro, di cui non ho mai condiviso né il percorso politico, né altre scelte? Non mi crederete mai, eppure è così. Mi sono venuti in mente i tempi (ahimè lontanissimi) di quando da giovane facevo politica e di quelle volte in cui sono stato candidato. E in effetti, il ragionamento di Ferraro non faceva una grinza. Aveva una sua logica. Nelle campagne elettorali funziona così. Se poi le sue affermazioni celassero altri scenari non spetta a me stabilirlo.

Ma il mio carattere impulsivo e viscerale mi ha fregato. Ed eccolo lì quel “bravo” che pensavo rimanesse tra me e me e che avrei tanto voluto si strozzasse in gola. A squarciagola ha invece urlato Ardituro: “Vada fuori!”. Cacciato dall’aula, sono stato identificato da un sottoufficiale dei carabinieri che, osservandomi con attenzione (oh oh altri guai in vista, ho pensato) mi chiede: “Ma lei è il giornalista che anni fa venne a denunciare di aver subito un attentato?”.

Lo guardo un attimo e mi ricordo dell’episodio. Era avvenuto nel 2008. Ai tempi in cui lavoravo con Tv Luna, curai un reportage di due puntate sui Casalesi. Era il periodo dei morti ammazzati dagli stragisti di Setola. Dopo un paio di giorni dalla messa in onda, parcheggiai l’auto ad Aversa e al mio ritorno trovai le quattro ruote squarciate. Mi recai nell’allora Compagnia dei carabinieri e presentai denuncia, che raccolse lo stesso sottufficiale che mi ha identificato ieri e per il passato…

Tornando all’espulsione dall’aula, mi preme chiedere scusa al giudice Orazio Rossi, al pm Ardituro, allo stesso Ferraro (che sicuramente non avrebbe preferito interferenze) e a tutte le persone in aula. Ho fatto una sortita fuori luogo, non c’è alcun dubbio. Ho espresso un sentimento personale ad alta voce. Chiedo scusa. E prometto che alla prossima udienza mi tapperò la bocca.

Mi dispiace solo per i colleghi delle agenzie di stampa che non potranno creare altri “casi”.

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