di Mario De Michele

Anche di fronte alla realtà Vincenzo Gaudino continua a pensare di poter camminare sull’acqua, come qualcuno leggermente più importante di lui nato il 25 dicembre. L’ex sindaco di Orta di Atella, a mezzo Facebook, ha fornito la sua versione dei fatti in merito allo scioglimento anticipato del consiglio comunale. L’ex primo cittadino commette il solito errore: parla sempre ex cathedra con l’apodittico presupposto della sua infallibilità e la conseguente pretesa di oro, incenso e mirra. La città atellana non è Betlemme. Le parabole di Gaudino non fanno proseliti. Non a caso una parte dei suoi accoliti ha deciso di porre fine alla sua amministrazione. Il patetico tentativo social dell’ex sindaco di apparire un martire conferma quello che tutti hanno capito dopo un anno di mandato: Gaudino è agli antipodi della politica e non ha alcuna cognizione di causa di cosa vuol dire governare. Sventolare la sua crocifissione è sacrilego e allo stesso tempo ridicolo. Non è stato inchiodato da una fetta del centrosinistra. Si è suicidato politicamente. Prima di scagliare la prima pietra dovrebbe fare mea culpa. Solo partendo dai propri e gravi errori potrebbe recuperare un minimo di credibilità. Gaudino si sente sempre e comunque il primo della classe. Depositario del Verbo. Questo limite caratteriale lo ha trasformato in un gigante dalle gambe di argilla. E ovviamente il castello di chiacchiere basato su boria e inadeguatezza politico-amministrativa si è sciolto come neve al sole. Nemmeno tra le macerie ammette di aver fallito. Lui per primo. Se una nave si è schianta contro un iceberg il primo responsabile è il comandante. È come se Schettino dicesse che la Concordia è affondata per colpa della ciurma o dei passeggeri. Non regge. Le pesanti critiche lanciate contro i suoi ex alleati risulterebbero meno indigeste se Gaudino si fosse cosparso il capo di cenere. Al contrario l’ex primo cittadino ha messo in scena una rappresentazione da teatro dell’assurdo sulla bontà della sua azione amministrativa. Per suffragare le sue fantascientifiche tesi richiama gli atti adottati dalla giunta indossando l’abito del burocrate. Il sindaco di una città di oltre 30mila abitanti non può essere un tecnocrate. Deve essere un politico, nel senso etimologico del termine. Deve cioè avere il polso del territorio. Non può arroccarsi nel palazzo del potere. Non può ridurre il municipio a fortezza inespugnabile. C’era gente che ha atteso anche tre mesi per parlare con Gaudino senza riuscirvi perché l’ex timoniere della maggioranza viveva nella torre d’avorio. La discrepanza tra lui e la popolazione è diventata via via abissale. L’ex sindaco sembrava il protagonista di “Solaris” del visionario Tarkovsky. Leggendo la sua difesa d’ufficio su Fb si ha la netta sensazione di assistere a “L’impero della mente” di Lynch. Gaudino è fuori dal mondo. Sembra Ralph Fiennes di “Spider”. La ragnatela delle argomentazioni è ramificata solo nella sua testa, distante anni luce dalla realtà. Quella realtà che rinfaccia all’ex primo cittadino l’incapacità di guidare Orta di Atella.

Vincenzo Gaudino ed Enzo Tosti

Chi ha scelto assessori incapaci? Chi ha trattato da figli quelli di Città Invisibile, chiacchiere e distintivo, e da figliastri, escluso l’insaziabile Gianfranco Piccirillo, gli esponenti dei Democratici e Riformisti? Chi ha tradito le promesse elettorali? Chi ha reso la casa comunale una palude nella quale venivano risucchiati problemi e carenze? Chi ha contribuito fortemente all’implosione della maggioranza? E ancora: chi è il primo colpevole di una Caporetto politico-amministrativa se non il generale dell’esercito da lui stesso messo in piedi? Su un punto Gaudino ha ragione: nella sua coalizione gli interessi personali hanno prevalso su quelli della cittadinanza. Piccirillo chiedeva e otteneva, chiedeva e otteneva, chiedeva e otteneva. Chi glielo concedeva se non l’allora sindaco? Tutti possono mettere alla gogna Piccirillo fuorché Gaudino, che proprio grazie a lui ha avuto la possibilità di correre per ben due volte per la fascia tricolore. Chi era il braccio operativo del primo cittadino? Chi era il suo mentore? E come faceva Gaudino a non conoscere una carta conosciuta? È stato pure il suo avvocato. Non poteva non sapere in quali guai sei era cacciato Piccirillo. Quando lo spalleggiava era “buono”. Ora è il “cattivo”. Gaudino è il “brutto”, per restare nell’alveo di Sergio Leone. Medesimo discorso se ci spostiamo nel campo del Movimento per Orta. Dopo la vittoria elettorale il sindaco neo eletto svettava in diverse foto con Fabio Di Micco. Oggi l’ex senatore è dipinto come uno che non ha prodotto mai nulla di buono per il territorio. Quando era uno strenuo sostenitore di Gaudino gli era stato affidato il ruolo del Torquemada del centrosinistra. Adesso non vale nulla. Incoerenza allo spato purissimo. E veniamo a Città Invisibile. I componenti del collettivo hanno confermato, qualora ce ne fosse ancora bisogno, di aver letto di sfuggita una sola opera di Calvino. Dagli scaffali della loro minuscola biblioteca manca “Il Cavaliere inesistente”, un romanzo molto più aderente alla loro azione politica e amministrativa. L’ambientalista duro e puro Enzo Tosti resterà negli annali come il peggiore assessore all’Ambiente della storia di Orta di Atella. Marilena Belardo potrebbe scrivere, con l’ausilio di uno bravo, la prefazione de “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera. Il potere per il potere è stata la stella polare di Città Invisibile. Non una parola sulla crisi della maggioranza condita da documenti velenosi. Non uno scatto di reni per salvare la dignità politica e personale. Un bel nulla. Un tirare a campare degno della peggiore specie dei democristiani. Che alcuni di loro, speculatori edilizi (palazzi di famiglia docet), siano come i ravanelli, rossi fuori e bianchi dentro, lo si era capito da tempo. Ma nessuno avrebbe immaginato una fine così ingloriosa. Confucio: “Il vero signore è simile ad un arciere: se manca il bersaglio ne cerca la causa in sé stesso”.

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