di Mario De Michele

Sei mesi disastrosi. Tra giunte monche, raffazzonate per interventi dall’alto, lotte intestine, scontri sulle poltrone. Sullo sfondo, nemmeno tanto, il totale immobilismo amministrativo. Che altro deve accadere perché Vincenzo Gaudino abbia un vero (basta pagliacciate) scatto di reni per dimettersi da sindaco di Orta di Atella? Dopo tutto quanto accaduto dall’inizio di consiliatura ne va di mezzo anche la sua reputazione personale. Sotto il profilo politico c’è poco o nulla da salvare. Resta la faccia. E se non vuole perdere anche quella il primo cittadino ha il dovere morale di porre fine a questo strazio. Ha sbandierato ai quattro venti che non cederà ai ricatti. Ma di ricatti finora ne ha subiti a iosa. Il mittente principale è il Pd. Fin dall’inizio della nuova avventura una parte dei dem ha sempre pigiato con forza sul pedale delle richieste. Posti chiave in giunta. Timone dell’Acquedotti. E postazioni di sottobosco. Un altro inequivocabile segnale di guerra è giunto dall’ultimo civico consesso. I cinque consiglieri democrat hanno disertato in blocco la seduta. Conseguenza: Gaudino, Città Visibile e Orta in Movimento sono andati sotto. Ancora una volta non hanno avuto i numeri per approvare gli importanti punti all’ordine del giorno. Nessuno lo ammetterà neppure sotto tortura ma tutti sanno che l’origine dell’ennesimo strappo è la presidenza dell’Acquedotti. Scranno ambito in particolare dai dem Gianfranco Piccirillo e Antonino Santillo. Un’opzione che gli alleati non vogliono prendere in considerazione in nessun modo. Anzi Città Visibile e Orta in Movimento puntano all’ulteriore ridimensionamento del Pd. Il movimentista senatore Fabio Di Micco è venuto allo scoperto già durante la prima grande crisi del centrosinistra: “Cacciare dalla maggioranza Adriana Cinquegrana (cognata di Piccirillo) e Santillo”. I due sono considerati mine vaganti da far esplodere lontano dalla coalizione di governo. Dello stesso avviso, seppur navigando sottotraccia, gli uomini del vicesindaco Vincenzo Tosti. Il collettivo politico-culturale trama sottobanco dimostrando una sorprendente capacità di indossare gli abiti del potere fine a se stesso. Tosti e company hanno dimostrato una straordinaria propensione a stare nella stanza dei bottoni. Altro che movimento di lotta. Città Visibile è fautore del concetto andreottiano del potere “logora chi non ce l’ha”. E del potere non vogliono per nulla fare a meno. Anche se la gestione amministrativa fa acqua da tutte le parti. Anche se la nave del centrosinistra sta imbarcando un mare di fallimenti. Anche se la prima parte della consiliatura è stato uno stillicidio di guerre interne finalizzata all’ottenimento di posti a sole. Due posti particolarmente ambiti li ha incassati proprio Città Visibile. Oltre alla delega di vicesindaco ottenuta da Tosti il Collettivo ha messo le mani anche su settori fondamentali per la vita dell’ente con l’ingresso nell’esecutivo di Marilena Belardo. Da pasionaria a donna di potere il passo è stato breve. Un attimo. Con due piedi in una staffa il movimento del senatore Di Micco. Partito di lotta sulla carta social. Gruppo di potere in assise con la presidenza del civico consesso (vedi Antonio Carbisiero). Dopo la grande crisi interna il parlamentare ha adottato, sempre sulla carta, la linea della fermezza: “Con una parte del Pd non si può avere a che fare”, è la posizione ufficiale. Ma nella sostanza Orta in Movimento non ha alcuna intenzione di mollare l’osso. Anche per Di Micco e i suoi seguaci il “potere logora chi non ce l’ha”. Viva Andreotti. E viva le comode poltrone del palazzo. Troppo confortevoli per rischiare di farsele sottrarle dal fondoschiena. Città Visibile e Orta in Movimento, rispettivamente con tre e due consiglieri comunali, contano, eccome, nello scacchiere di governo. Poi c’è chi vale come 2 di coppe a briscola. È il partito socialista. Zero consiglieri, zero potere politico. Eppure il segretario di se stesso Espedito Ziello (il cui nome spicca nella relazione di scioglimento per camorra dall’amministrazione Villano) non teme di valicare ampiamente la soglia del ridicolo annunciando l’addio alla lista Democratici e Riformisti. Embè? Che cambia? Zero all’interno o zero all’esterno fa sempre zero. È la matematica. Che per sfortuna di Ziello non è un’opinione. Il capo di se stesso ha motivato la decisione del “suo” partito (suo nel vero senso del termine) con la suggestiva e abusata ricerca del “bene comune”. Viene spontaneo chiedersi cosa abbia messo in campo di concreto il Psi per perseguire il “bene comune”. Anche qui basta ricorrere alla matematica: zero assoluto. Il medesimo voto che merita l’amministrazione comunale. Sei mesi di flop. Sei mesi di inattività. Sei mesi di assoluto vuoto governativo. Gaudino può ancora salvare almeno la faccia. Basta un gesto: dimettersi. Senza attendere un secondo di più. Stavolta per davvero.

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