Prima le Borse asiatiche, per via dei fusi orari, e domattina quelle europee, diranno se i mercati credono ancora negli Stati Uniti; o se bocciano loro, come in parte già fatto dall’agenzia Standard & Poor’s, e con loro le altre economie dell’Occidente.

Nell’attesa, scottano le linee telefoniche fra governi e banche, i leader cercano l’uno dall’altro delle risposte che forse pochi hanno. Mai, forse, nelle cancellerie un fine settimana d’agosto è stato così convulso. Si è messo in moto il meccanismo del G7, che in un certo senso assicura un ponte decisionale fra Unione Europea, America, e Asia, perché raccoglie in un solo organismo gli Stati Uniti, la Germania, il Giappone, la Francia, il Canada, l’Italia e la Gran Bretagna: un vertice in teleconferenza fra i suoi ministri finanziari e i governatori delle banche era dato per molto probabile già ieri a tarda notte, ma potrebbe anche slittare alla giornata di oggi. Era preannunciata una teleconferenza per mezzanotte di ieri di alti funzionari dei ministeri economici e di alcuni ministri (anche Giulio Tremonti secondo l’agenzia Ansa). Non solo: circolano ancora voci su una possibile anticipazione dell’incontro fra i capi di Stato e di governo dello stesso G7, già fissato per settembre a Marsiglia. L’organismo – come del resto il G20 – è presieduto attualmente dalla Francia, che finora si è mostrata molto attiva, e ben consapevole dell’emergenza: proprio ieri, il suo presidente Nicolas Sarkozy si è consultato telefonicamente con il primo ministro britannico David Cameron, e i due hanno concordato «sull’importanza dell’operare insieme, di sorvegliare da vicino la situazione e di restare in comunicazione nei prossimi giorni». I ministri finanziari sono comunque «in contatto permanente» fra loro, dicono i portavoce. E così i loro vice del G20. Da qui a domattina bisogna però trovare una linea, un messaggio lineare. Una delle ipotesi è quella di una pressione concordata del G7 sulla Banca centrale europea, perché abbandoni i residui dubbi e acquisti sui mercati i titoli di Stato più a rischio, cioè quelli italiani e spagnoli (secondo il ministro Umberto Bossi, questo è già stato deciso per i titoli italiani). La Bce, a sua volta, riunisce oggi – di domenica, un fatto non usuale – il suo consiglio direttivo: con la Germania, l’Olanda, e altre nazioni, sempre contrarie alla proposta di potenziare il Fondo salva-Stati (dotazione: 440 miliardi) che deve intervenire a sostegno delle economie più deboli; lo considerano un aiuto ingiusto fornito alle cicale dell’Eurozona a spese delle formiche (contribuenti) più laboriose. Ma anche su questo, non c’è più molto tempo per discutere. Domattina, i mercati diranno qualcosa anche sulla galoppata degli spread, i differenziali di rendimento fra i titoli decennali italiani e tedeschi. È un responso particolarmente atteso dopo le misure annunciate venerdì da Roma. Un «sì condizionato» è già arrivato dal commissario Ue agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, che ha parlato di «coraggiose decisioni», di una «giusta strategia», aggiungendo subito dopo: «Chiedo alle autorità di trasformare rapidamente queste decisioni in misure concrete».

 

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