Aumentano i reati, anche quelli più gravi come gli omicidi, le associazioni per delinquere di stampo mafioso, le frodi informatiche, le violenze sessuali, e cresce il numero dei procedimenti. Arranca la giustizia – e con essa l’aspettativa dei cittadini di avere giustizia – nel distretto giudiziario della Corte d’Appello di Napoli. È il quadro allarmante che emerge dalla relazione letta questa mattina in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario a Castel Capuano dal presidente della Corte d’Appello di Napoli Giuseppe de Carolis di Prossedi. Molte le criticità, che ricadono soprattutto nel settore penale, anche se si registra nel civile un lento ma progressivo miglioramento dei procedimenti evasi. «Nel penale – ha detto de Carolis -. Frustrante che al settimo anno del mio servizio, tutte le mia osservazioni e doglianze reiterate in questi anni siano rimaste inosservate. Dopo sei anni le piante del personale amministrativo e giudiziario sono rimaste inadeguate. E a nulla è valso ricordare che noi , pur avendo fatto tutto il possibile per operare al meglio e svolgere il nostro lavoro, continuiamo a scontare ritardi e carichi di lavoro inaccettabili. Serve un intervento del ministero e del Consiglio superiore della magistratura e riequilibrare forze e risorse».

Nel settore civile sono stati definiti 14642 procedimenti, con una riduzione di pendenza significativa (attualmente restano inevasi 34570 fascicoli); nel penale i processi definiti sono stati 10170 (rispetto agli 8759 dell’anno precedente), ma ne sono subentrati altri 12mila: per cui oggi in Corte d’Appello a Napoli pendono ben 57973. «Questa situazione – ha proseguito de Carolis – ha determinato un’incidenza della prescrizione, che in Corte d’Appello determina la chiusura di un processo su tre». De Carolis ha ancora una volta sottolineato che al problema della carenza di personale giudiziario e amministrativo si va ad aggiungere anche un criterio di sproporzione tra il numero dei magistrati inquirenti e deliberanti. «Nel distretto di Napoli – ha spiegato il presidente della Corte d’Appello – abbiamo circa 200 pubblici ministeri, 107 solo a Napoli, e in Corte d’Appello solo 39 magistrati. Si crea inevitabilmente, così, un collo di bottiglia che determina un sovraccarico di lavoro per i giudicanti, e considerando che di fatto nel penale tutte le sentenze vengono appellate, la situazione diventa difficile da gestire. E’ un po’ come se avessimo tanti pizzaioli che continuano a sfornare pizze, e pochi camerieri che le portano al tavolo: e così, quando pure la pizza arriva al tavolo, è diventata fredda».

Anche quest’anno per le emergenze legate alla pandemia l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario si è tenuto con modalità “a distanza” e trasmesso via web e da Radio Radicale. Tornando alle scoperture del personale, che è causa principale di tutte le disfunzioni nel pianeta giustizia, il presidente de Carolis ha dichiarato: «Questo per me sarà l’ultimo anno da presidente della Corte d’Appello, ma mi accorgo di essere costretto a ripetere, da quando sette anni fa mi sono insediato al vertice dell’ufficio, sempre le stesse cose. E dunque, fin quando il ministero della Giustizia d anche il Consiglio superiore della magistratura non affronteranno questi problemi relativi alla copertura del personale amministrativo e dello squilibrio delle piante organiche giudiziarie, allora il problema resterà irrisolvibile. Per fare le sentenze ci vogliono i magistrati e i cancellieri».

L’ombra dello scandalo di “magistratopoli” e del “Palamara-gate” sbarca poi anche a Napoli nell’intervento del delegato del Csm, Mario Suriano, che ha ricordato l’attività di autogoverno nel contrastare alcuni comportamenti devianti all’interno della magistratura. «È chiaro che bisogna riconoscere che queste distorsioni hanno riguardato tutti i gruppi associativi, come il carrierismo a tutti costi, ma bisogna evitare le riforme del passato che erano nate per contrastare questi fenomeni, ma hanno finito per cronicizzarli e prodotto un effetto opposto come la riforma della giustizia del 2006. Oggi assistiamo a una ricerca spasmodica di ricerca di incarichi negli uffici. Sono errori da non ripetere e nonostante la narrazione che se ne fa il Csm ha provato a porvi rimedio. Serve una rigenerazione etica della magistratura. Pasolini diceva che ‘Il moralista dice no agli altri, l’uomo morale solo a se stesso’, una frase più attuale che mai». Il delegato del Csm ha voluto accogliere poi il grido d’allarme lanciato dal presidente della Corte d’Appello, Giuseppe De Carolis di Prossedi. «Occorre colmare i problemi infrastrutturali della giustizia – ha detto Suriano – e colmare i drammatici vuoti d’organico. In tutta Italia sono 1370 i posti vacanti, il 13% del fabbisogno. A Napoli la media indica che la scopertura degli uffici a livello generale è dell’11%, ma in Corte d’Appello si arriva al 16%, un dato che rende plasticamente la difficoltà di questo distretto».

Il rappresentante del Ministero, Raffaele Piccirillo, ha quindi ricordato gli interventi legislativi operati da via Arenula sottolineando che il ministero è impegnato anche nella riforma del Csm che “nella prospettiva del miglioramento dei servizi della giustizia che ha un’importanza anche nell’ambito della funzione di garanzia della magistratura: “Entro il 2022 dovremo riformare il settore della giustizia tributaria che incidono pesantemente sugli arretrati della Cassazione civile, e sono allo studio altri interventi su settori che devono essere resi coerenti, come la riforma del codice fallimentare; o alla necessità di una riforma del codice dei crimini internazionali. L’Europa, e prima ancora i cittadini non ci chiedono soluzioni congiunturali o terapie palliative, e tutti noi siamo classe dirigente alla quale viene chiesto di non lanciare solo allarmi ma predisporre soluzioni. Tutti noi, nessuno escluso, siamo chiamati a concretare il detto di Churchill: “Non sprecare l’occasione di una crisi”.

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