Per carità, le colpe dei padri non devono ricadere sui figli. Ma quando si imbraccia la questione morale come arma politica si ha l’obbligo di mostrare l’esito degli esami del sangue. E se dalle provette di laboratorio emergono “valori” alterati bisogna avere il coraggio di prendere le distanze. Altrimenti si condividono le patologie. C’è familiarità. Quindi corresponsabilità. E le battaglie etiche inevitabilmente finiscono nella cassetta degli attrezzi inutili. Abiti candidi sotto corpi poco inclini alla pulizia. Per strappare il velo dell’ipocrisia Campania Notizie ha avviato l’inchiesta i finti legalitari di Orta di Atella. Tra i protagonisti, ahinoi, c’è un esponente di spicco del collettivo “duro e puro” Città Visibile. È il pragmatico Francesco Comune. Il più democristiano dei post comunisti. Tante chiacchiere e distintivo sulla cementificazione del territorio, mai nessun accenno ai trascorsi molto-poco “edificanti” dei suoi congiunti stretti. Suo padre Nicola e sua sorella Maria Rosaria hanno fatto parte del dream team di Angelo Brancaccio proprio quando l’allora sindaco pianificava il sacco della città con il decisivo supporto del partito dei tecnici e di politici conniventi. La prima pietra viene posta nel 1998 con il varo del Prg. Nel 2001 e nel 2005 passano le due varianti che hanno dato la stura al cemento. In quella squadra, di cui Brancaccio era il capitano indiscusso, Nicola Comune giocava un ruolo importante. Non a caso l’ex primo cittadino nominò assessore alla Pubblica istruzione la figlia Maria Grazia. È un reato sposare un progetto politico che poi si rivela fallimentare? Assolutamente no.

Peraltro Francesco Comune ha come prova a discolpa la carta di identità. Se però si indossano i panni di Che Guevara e si attua la guerriglia urbana contro le passate amministrazioni quelle scelte familiari vanno censurate. Nessuno pretende l’abiura del padre o della sorella. Ci mancherebbe. Ma è doverosa una condanna senza appello per la loro compartecipazione politica a quella gestione affaristica. Altrimenti si confonde la moralità con il moralismo. Due concetti agli antipodi, come realtà e finzione. Nel caso di specie c’è un’aggravante. Questa sì che configura un reato. Quando il padre di Francesco Comune faceva parte della maggioranza consiliare guidata da Brancaccio incassò una “bella” licenza edilizia: la n. 41 del 2000, di cui abbiamo già parlato. Ci ritorniamo perché sono emersi altri particolari.  Tre anni dopo al Comune, inteso come Nicola, fu concessa una variante talmente illegittima da aver determinato un abuso urbanisticamente insanabile anche a distanza di quasi un ventennio. Il permesso di costruire n. 41 del 2000 prevedeva la realizzazione di 4 villette in due blocchi separati composti da due immobili ciascuno. Con la variante (la n. 104 del 2003) si spiana la strada ad un abuso edilizio grosso come uno stabile di 3 piani. Siamo in zona B4, ma con una falsa attestazione viene identificata come B2.

Risultato? Una maggiore volumetria di circa 200 metri cubi. Molto cemento in più con conseguente incremento del valore di mercato. In soldoni grazie alla variante “incriminata” è stato possibile costruire una struttura sostanzialmente diversa da quella originaria, consentendo la realizzazione di un unico immobile di 4 piani (uno interrato e uno come sottotetto). Una magia. Dov’è il trucco? Nella presentazione di un grafico falso. Non solo. La variante, chiesta e ottenuta da Nicola Comune nel 2003, serviva per il frazionamento dello stabile, cioè per la suddivisione delle unità immobiliari. Invece fu attuato illegittimamente un cambio di destinazione d’uso. E al terzo piano spuntarono due appartamenti. Morale (e non moralismo) della favola, in via Carusone è sorto un palazzo di 8 appartamenti. Epilogo, poco lieto per tutti: gli appartamenti realizzati al terzo piano vanno demoliti. Sono abusivi. C’è poco da fare.

Ma la tragedia familiare è un’altra: la variante al permesso di costruire n. 41 del 2000 va annullata in autotutela. La normativa è limpida come una giornata di sole. In caso di false attestazioni le licenze possono essere annullate anche dopo la scadenza dei 18 mesi previsti dalla riforma Madia. Il termine dei 18 mesi, è questa la brutta notizia per la famiglia Comune, riguarda solo i provvedimenti successivi all’entrata in vigore della nuova legge. La riforma Madia è del 2015. La variante concessa a Nicola Comune del 2003. Uno scarto abissale. Come quello tra veri e finti legalitari.

(continua…)

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