I nomi dei 14 (su 15) arrestati non valgono quello dell’unico indagato. È Vittorio Pisani, il capo della squadra mobile di Napoli, il poliziotto simbolo della guerra al crimine e della caccia ai grossi latitanti. Concentra su di sé tutta l’attenzione a pochi minuti dalla notizia dell’inchiesta dell’Antimafia

con i provvedimenti e i sequestri eseguiti dalla Dia. La notizia appare subito appetitosa: diciassette ristoranti, molti della Napoli bene — tra via Caracciolo e la Riviera di Chiaia, piazzetta Rodinò e via Carducci — sequestrati. Valore cento milioni (una evasione fiscale calcolata in dieci milioni ogni anno). Questo perché erano il canale di riciclaggio plurimilionario dei proventi del più ricco usuraio di Napoli. Per intendersi Mario Potenza, del Pallonetto a Santa Lucia, dove gli uomini di Maurizio Vallone appena un paio di settimane fa trovarono nascosti nei muri otto milioni di euro in contanti. Spiccioli, a fronte del denaro investito in pub e ristoranti come il “Regina Margherita” di via Partenope o il “Pizza Margherita” della Riviera di Chiaia. Dunque gli investitori: da una parte i fratelli Marco, Massimiliano e Carmine Iorio (tutti arrestati tranne Marco, che si trova negli Stati Uniti in vacanza con il calciatore Fabio Cannavaro), arrestati con tre commercialisti. Dall’altra il boss oggi pentito Salvatore Lo Russo che consegna ai nuovi soci due milioni di euro. «Purtroppo c’è stato un inconveniente, siamo incappati in un imprevisto», ci gira intorno il procuratore Giandomenico Lepore. Vuole dirlo con garbo. «Ci sono delle intercettazioni — continua scandendo le parole — in cui si fa riferimento a Pisani. È amico di Marco Iorio e frequentatore del locale. Ma era sempre il capo della squadra mobile e c’è stata una fuga di notizie sulle indagini… È un poliziotto brillantissimo, non so perché si sia spinto fino a questo punto… è una cosa molto dolorosa». È l’imbarazzo di chi ha lavorato fianco a fianco con Pisani per anni. Non vengono risparmiate le parole di stima, si sottolinea che «per la Procura non è motivo di gloria» e che «Pisani è una persona che si fa voler bene». Ha preso una scivolata? «Una scivolata grossa…», ammette Lepore. E spiega così anche la misura del divieto di dimora: «Per lui è una specie di esilio». Quello scivolone è nelle carte, nel racconto del pentito Salvatore Lo Russo, che investe 2 milioni provento dello spaccio e dunque conosce direttamente la situazione. Parla di Pisani ai pm, d’altra parte saranno le intercettazioni sui fratelli Iorio a chiamarlo in causa. Sono quelle conversazioni con Marco Iorio a rappresentare il macigno caduto sulla carriera di Pisani. Continui scambi di favori. Da una parte regali, cassette di legna per il camino, incontri organizzati con i calciatori del Napoli, la maglia di Del Piero. Dall’altra omissioni nelle indagini sui ristoranti. Pisani che raccomanda a Iorio di «mettere a posto le carte» relative ai ristoranti e autodenunciarsi per l’evasione fiscale. Per mettersi al riparo delle più gravi conseguenze del riciclaggio. Per il gip, Pisani si rivolge a Iorio per qualsiasi esigenza. In cambio lo avverte e lo protegge. Intercettato lo racconta lo stesso Iorio alla moglie, a proposito del suo coinvolgimento con il calciatore Lavezzi in una rissa. «Questo ha accusato me e Lavezzi di lesioni a queste persone. Per Lavezzi il Napoli vuole pagare, non vuole che vada in tribunale. Ma tu hai capito che noi siamo stati aggrediti e il giudice ha detto che io e Lavezzi abbiamo aggredito a questi qua perché non abbiamo voluto cacciare i documenti con la forza… Io non voglio dare neanche un euro… I giudici devono leggere le carte. Poi dentro a questo commissariato, il commissario l’ha avvisato Vittorio…». Le intercettazioni rivelano che Pisani sa tutto di quello che succede quanto a riciclaggio. Parlano tra loro 2 indagati: «Bruno (Potenza) ha cercato di ripulirsi tutta la vita, e quindi lui (Pisani) lo sa benissimo… Sapeva meglio lui i fatti di Marco. E sapeva dunque fino a che punto Marco è collegabile a Bruno… Pisani lo sapeva che Potenza per Iorio era un socio di capitale». Pisani sa e intanto concede una intervista nel marzo scorso sul tema: «I professionisti evadono il fisco e riciclano i soldi in bar e ristoranti». Fino alla cartina di tornasole, con i due esposti in Questura che segnalano un poliziotto al lavoro al nero in un ristorante della camorra. È Pisani a fare gli accertamenti e a omettere i nomi dei soci, i Potenza. Mentre un altro favore viene fatto a Iorio dal capo della Mobile. Pisani recupera degli oggetti rubati a un cognato di Iorio e individua i responsabili. Su richiesta scriverà l’allora questore Santi Giuffrè alla Procura: «La notizia di reato non risulta registrata, né alcuna registrazione della comunicazione di notizia di reato è stata riscontrata presso il registro elettronico della posta in uscita presso la segreteria generale della Mobile».

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