Ha deciso di mettere fine alle violenze, al bullismo e all’emarginazione, troppo per la giovane Chiara, trans di 19 anni, che si è tolta la vita nella sua abitazione di Napoli, mentre la madre non era in casa. Lo rende noto il Gay Center di Roma, al cui numero verde contro l’omotransfobia la giovane si era rivolta a 17 anni per raccontare la sua storia e le difficoltà che affrontava da tempo solo per aver deciso di esprimere la sua identità femminile. Dopo la denuncia, Chiara aveva trovato accoglienza in una comunità ed il supporto delle associazioni Lgbt+. Non è bastato alla giovane Chiara, che si è trovata davanti a un percorso irto di avversità e privo di giustizia: «la strada per chi denuncia è in salita, in particolare per i ragazzi minorenni: l’assenza di protocolli di protezione e allontanamento immediato dagli autori delle violenze, il lungo ed estenuante percorso della giustizia che spinge le giovani vittime a giustificarsi, la mancanza di comunità per minori che accolgono ragazze e ragazzi trans sulla base della loro identità del genere e non del sesso, il rischio di essere vittimizzati da operatori impreparati ad accogliere le identità senza pregiudizi. Tutto questo Chiara aveva dovuto e saputo affrontarlo. Ci era passata attraverso. Ma non ce l’ha fatta», racconta Gay Center. «È fondamentale e urgente trovare soluzioni strutturali per fermare la violenza, formando personale educativo e socio-sanitario consapevole e pronto a sostenere lo sviluppo fisico, psicologico e sociale dei ragazzi Lgbtqia+, come loro diritto», sottolinea Alessandra Rossi, responsabile Gay Help Line di Gay Center. «Ho seguito Chiara quasi dall’inizio fino a pochi mesi fa, ed unisco il cordoglio a quello dell’associazione, e dei suoi cari, e proprio nella sua memoria lavoreremo per accogliere sempre più ragazze e ragazzi come lei che vengono emarginati dalla società e/o dalle famiglie», assicura Sonia Minnozzi, responsabile della Casa famiglia ‘Refuge Lgbt’ di Gay Center.

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