di Nicola del Piano
Nel suo saggio più famoso, A.S. Neill, pur ammettendo che nell’educazione vi possono essere dei fallimenti, afferma: “In tutte le scuole dove ancor oggi sono in voga le punizioni corporali ed altri metodi disciplinari coercitivi, si esercitano danni irreparabili sui bambini. Molti nel loro intimo pensano «Se i bambini non hanno nulla di cui avere paura come possono diventare buoni?».
La bontà che deriva dalla paura dell’inferno o di un poliziotto non è affatto bontà, ma semplicemente vigliaccheria. Se la bontà dipende dalla speranza di una ricompensa, di una lode, del paradiso, è solo corruzione. La moralità odierna rende i bambini vigliacchi, perché insegna loro ad aver paura della vita. Questo è in realtà la «bontà» dei bambini disciplinati: vigliaccheria. Vi sono migliaia di insegnanti che svolgono perfettamente il loro lavoro senza bisogno di introdurre la paura delle punizioni; gli altri sono dei mascalzoni incompetenti, indegni di svolgere la loro professione”.
La sentenza di qualche giorno fa con cui la Cassazione ha confermato la condanna alla reclusione, per abuso dei mezzi di correzione, nei confronti di una professoressa di una scuola media statale, che, per punire un alunno di 11 anni, l’aveva costretto a scrivere per cento volte sul quaderno la frase “sono un deficiente”, mostra la nuova sensibilità degli ermellini verso un modo di educare in cui va eliminato “ogni elemento contraddittorio rispetto allo scopo e al risultato”. Quel che emerge, tuttavia, è ancora la difficoltà di avvicinarsi ad un tema delicato, quale è quello dell’educazione. Voltandoci indietro, vediamo che le stesse strade ideologiche e di diritto che hanno portato a questa sentenza, non sono prive di ostacoli e burroni.
In primo grado, infatti, l’insegnate era stata assolta perché il fatto non sussiste e nelle motivazioni del giudice leggiamo che il comportamento dell’insegnante fu “adeguato” e motivato con l’intento di interrompere, con un “intervento tempestivo ed energico”, la condotta “bullistica” dell’alunno che avrebbe tenuto un “comportamento derisorio ed emarginante” verso un compagno di classe.
Di avviso completamente diverso, i giudici del secondo grado. La Corte d’Appello, infatti, ha escluso il comportamento “bullistico” ed anche il “tentativo di emarginazione”, ritenendo che la professoressa aveva manifestato “un comportamento afflittivo ed umiliante, trasmodante l’esercizio della sua funzione educativa” portando il minore “ad insultarsi” davanti a tutta la classe.
La Cassazione, confermando tali tesi, ha richiamato la riforma del diritto di famiglia e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino (ratificata nel 1991 dall’Italia), ma ha anche ri-aperto antiche questioni su cosa voglia dire “educare”. Essa ha affermato che “non può ritenersi lecito l’uso della violenza, fisica o psichica, distortamente finalizzata a scopi ritenuti educativi, e ciò sia per il primato attribuito alla dignità della persona del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione da parte degli adulti”. E sia perché – leggiamo ancora nella sentenza – “non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, tolleranza, convivenza e solidarietà, utilizzando mezzi violenti e costrittivi che tali fini contraddicono”.
Ma, è anche in queste stesse nobili e condivisibili conclusioni della Suprema Corte che ritroviamo la difficoltà dell’argomento e la cecità di alcune posizioni, allorquando, nella concessione all’insegnante di uno sconto di pena di 15 giorni, si è andati a non riconoscere l’aggravante di aver provocato nell’adolescente un “disturbo del comportamento”, ipotesi pure avanzata dallo psicologo, ma non provata, secondo i giudici, con certezza.
Tornando a Neill e al suo fondamentale insegnamento, leggiamo: “L’umanità ha grandi riserve di fratellanza e di amore ed io credo fermamente che le nuove generazioni che non saranno state deformate nell’infanzia vivranno in pace… e questo potrà avvenire se la gente piena di odio che ora è al potere non distruggerà il mondo prima che le nuove generazioni lo possano controllare. La lotta è ineguale, perché quelli che odiano la vita hanno nelle loro mani l’educazione, la religione, la legge, l’esercito, le prigioni. Solo pochi educatori cercano di allevare i bambini in un clima di libertà. La grande maggioranza dei bambini viene educata con un odioso sistema di punizioni da persone che sono contro la vita”.