di Nicola del Piano

Il 13 dicembre 2011 una delle città più belle d’Italia è stata lo scenario di una strage a sfondo razzista. Firenze a ridosso delle festività natalizie è stata colpita al cuore da un matto che ha sparato contro cinque uomini di origine senegalese, uccidendone due. Quello che colpisce maggiormente chi scrive è stato tutto ciò che è seguito a questo episodio drammatico.

In particolare, la risposta dei fiorentini e di tutti i cittadini di Firenze che si sono sentiti chiamati in causa, come colpiti anche loro dalla stessa furia omicida. Il giorno dopo, le serrande dei negozi erano chiuse con cartelli di solidarietà e messaggi di convivenza pacifica che potevano leggersi ad ogni angolo di strada. Il lutto cittadino è stato subito proclamato dal sindaco Renzi e tutta la città si è unita al dolore della comunità senegalese. Firenze non ha comunque mai conosciuto episodi razzisti di tale violenza.

Contrariamente, però, ad altre parti della nazione. Gli esempi più antichi ci riconducono alla segregazione ebraica avvenuta nel 16° secolo, ma è solo con le leggi razziali fasciste del 1938 che l’odio e l’ignoranza vengono riconosciuti legislativamente, fino a quando quelle stesse leggi saranno ripudiate con la Costituzione repubblicana del 1948. Il nostro Paese, particolarmente al nord, ha poi conosciuto forme di forte e bieco razzismo verso gli abitanti del sud della penisola e che un movimento politico quale la Lega Nord ha sempre utilizzato e utilizza tutt’oggi per i propri proclami politici. Accanto all’odio cieco ed ignorante verso i meridionali, si è affiancato, nel corso degli anni, quello verso gli extracomunitari.

Dal punto di vista giuridico, il razzismo è punito dalla legge. La Costituzione italiana condanna ogni forma di razzismo e all’articolo 3 così recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Per cittadini, il nostro ordinamento intende anche quelli stranieri che si trovano nel nostro Paese. La legge 654/1975, il D. Lgs. 215/2003 e il D. Lgs. 216/2003 attuativi di direttive comunitarie ed il D. Lgs. 198/2006 hanno posto le basi per contrastare in maniera sempre più incisiva il razzismo. In tal senso, esse prevedono pene molto dure per chi si macchia di tali reati.

Secondo la legge n. 654 del 1975, infatti, chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, è punito con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro. Mentre chiunque commette o istiga a commettere atti di violenza o di provocazione alla violenza per gli stessi motivi, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Vi sono moltissimi episodi dove l’insofferenza verso una persona può sfociare in un comportamento discriminatorio e quindi in razzismo.

La legge italiana, attraverso i riferimenti normativi di cui sopra, si è preoccupata di definire tali comportamenti discriminatori, individuandoli con esattezza, in particolare quelli che si possono verificare nei luoghi di lavoro, o più diffusamente nei rapporti con gli esercenti commerciali e con le pubbliche amministrazioni. Concludendo, la cieca violenza del razzismo che ha sporcato Firenze di sangue, ha subito condotto il pensiero di chi scrive ad un’altra strage, quella di Castelvolturno del 18 settembre 2008, dove ad opera del gruppo stragista del Clan dei Casalesi guidato da Giuseppe Setola, persero la vita sei immigrati africani, innocenti e lontani da ambienti criminali.

Quello che seguì il giorno dopo fu una rivolta della comunità extracomunitaria contro la camorra e contro le autorità, chiedendo a queste ultime di fare giustizia. Questo fu un episodio unico in tutta la storia d’Italia. Quel giorno, a quella rivolta non parteciparono casertani e napoletani. Quel giorno, i negozi rimasero aperti, tra luci abbaglianti e profonda ipocrisia.

 

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