L’esito positivo delle partite non era l’unico obiettivo del sistema Calciopoli: secondo i giudici d’Appello di Napoli le stesse gare assumevano un ruolo determinante per raggiungere altri obiettivi come quello di acquisire un potere di controllo dei vertici federali (in riferimento agli imputati Pairetto, Mazzini e Bergamo) oppure di maggiore visibilità mediatica al fine di una progressione di carriera (arbitri e assistenti). Su questo punto i giudici dell’appello nella sentenza depositata oggi considerano “riduttiva” la chiave di lettura della sentenza di primo grado. Ampio spazio è dedicato anche all’argomento delle schede telefoniche straniere. L’uso delle sim distribuite da Moggi a designatori, arbitri e dirigenti rappresentano per la Corte “il punto centrale” dell’intera vicenda. Il sodalizio che avrebbe condizionato l’esito dei campionati di calcio, nella sentenza d’appello del processo a Calciopoli appare più esteso rispetto a quello delineato dal verdetto di primo grado. Infatti, pur concordando con la sentenza del tribunale laddove individua un sodalizio che fa capo a Moggi, la Corte d’Appello “dissente sulla esatta individuazione dei membri con funzioni non meramente partecipative all’associazione”. “Emerge con chiarezza – scrivono i giudici – un ruolo affatto secondario, ma anzi di rilievo nel sodalizio, ricoperto dagli imputati Pairetto, Bergamo e Mazzini, i quali in forza della funzione loro attribuita (i primi due designatori arbitrali, Mazzini vicepresidente Figc) hanno di fatto rafforzato il contesto e l’incidenza del sodalizio che, proprio per la loro funzione e per il loro contributo apicale, ha potuto operare per un lasso di tempo cospicuo con metodiche altrimenti assolutamente irraggiungibili, ovvero la scelta degli arbitraggi delle partite di campionato di serie A, e in parte di serie B, condizionata per precostituire griglie ed in parte per sorteggi indubbiamente ambigui”. Secondo i giudici comunque “i ruoli ricoperti dagli imputati Pairetto e Mazzini, pur di rilievo, si differenziavano da quello preminente assunto da Luciano Moggi”. Sia Pierluigi Pairetto che Innocenzo Mazzini sono stati condannati a due anni mentre la sentenza di primo grado emessa nei confronti di Paolo Bergamo è stata dichiarata nulla per un vizio di forma.

 

 

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