Luciano Spalletti con Napoli e il Napoli calcio nel cuore e nella mente. Ancora a un mese di distanza dalla festa scudetto al Maradona, il tecnico dopo il tour napoletano parla dalla sua Certaldo. Dalle sensazioni dopo lo scudetto storico con il Napoli all’addio agli azzurri, fino ai piani futuri e non solo: tanti gli argomenti trattati dall’ex allenatore dei campioni d’Italia, che ha parlato dal palco di Certaldo, la sua città natale dove ha ricevuto un riconoscimento. “È una serata particolare – ha esordito Spalletti – sono stato premiato nel paese dove sono nato e dove giocavo da bambino, per me vuol dire riaprire il cassetto delle emozioni e dei segreti. Se ora sono felice? Lo abbiamo già speso quello che c’è da dire sulla felicità. Io sono felice perché sono stato avvolto da questo entusiasmo che mi ha contagiato, ma per me la felicità è qualcosa di fugace, che dura una sera o una notte e poi il giorno dopo sei alla ricerca di una impostazione corretta per ripartire. Dipende un po’ da tante cose, perché anche se ami questo sport, per il quale io ho condizionato la mia vita e la mia famiglia, a un certo punto devi confrontarti con il livello di amore che puoi dare e il livello di richiesta che c’è. Di conseguenza, a volte, anche se hai fatto benissimo pensi ti possa mancare qualcosa da restituire. I napoletani mi hanno dato talmente tanta gioia che non sta né in cielo né in terra. Mi hanno regalato sensazioni bellissime, nessun traguardo o nessuno scudetto potrebbero far meritare tutta questa gioia e questo entusiasmo che loro mi hanno dato. Di conseguenza per loro avrò sempre qualcosa di particolare, sarò sempre a vedere quello che succede a Napoli e al Napoli e li difenderò sempre”. Nessuna voglia di tornare in panchina, almeno per il momento. “La vedo dura – ha proseguito Spalletti -, perché ho da aprire tutte le scatole che ho portato via da Napoli e devo mettere ordine. Inoltre ho delle questioni personali da mettere a posto e per le quali serve un po’ di tempo. Vengono ad addizionarsi a quanto ho detto. Sono stanco, avevo la famiglia e una figlia piccola distante, voglio stare un po’ insieme a lei e con la mia famiglia. Tra dieci giorni le squadre ripartono e io non so con quale entusiasmo sarei ripartito se fossi stato ancora un allenatore di Serie A o l’allenatore del Napoli. Loro meritano cose che io in questo momento non posso dare, anche se sono molto applicato e determinato. Sono esecutivo al massimo, però poi ho paura che mi manchi qualcosa. Per il momento rimango fuori, verso dicembre gennaio o febbraio si guarderà e si vedrà se si può avere una postura adatta per tornare a fare l’allenatore dentro lo spogliatoio, dove serve sintesi, fare dei video bellissimi e bisogna avere cose nuove e moderne da dire”. Spalletti ha dunque chiarito la questione: “Che il calcio è facile lo sanno dire tutti, c’è bisogno che si dica qualcosa di diverso perché vogliamo scegliere se il calcio è facile è basta o se invece deve diventare qualcosa di moderno, come succede in tante altre professioni. Io, così come tanti altri, voglio sentirmi dire qualcosa di diverso: lo ripeto, che il calcio è facile lo sanno dire tutti. È vero che è facile e in questo senso bisogna portarsi dietro le cose fatte da gente come Vialli, Mancini, Baggio, Del Piero e Totti, ma poi c’è da considerare anche il lavoro di altri calciatori che non avevano questa qualità per donazione di Dio ma dovevano ottenerla con lavoro e applicazione giorno per giorno. Per questo bisogna spiegare come hanno fatto quelli senza queste qualità a farcela e se c’è dell’altro in più da poter mettere a disposizione dei giovani. Il calcio ha bisogno di qualità e di cose sempre più qualitative”. Ancora sul momento di pausa, l’ex allenatore del Napoli ha parlato del suo anno sabbatico: “Non so come mi sentirò, dipende da come arriverò dopo un periodo in cui avrò consumato quello di cui penso di aver bisogno. Prima devo consumare questo bisogno che ho, poi vediamo come arrivo. Probabilmente posso anche rimanere deluso, a volte pensavo di stare comodo a casa e dopo un po’ pensavo che era meglio quello che vivevo prima”. Spalletti ha poi spiegato quale secondo lui deve essere una caratteristica fondamentale dei suoi giocatori e ha portato alcuni esempi pensando all’ultima stagione. “Un calciatore lo giudico spesso per il carattere che ha – ha precisato l’allenatore -, secondo me è fondamentale. Chiaro che serve che abbia qualità, ma serve portare in evidenza una sintesi: la partita è una scatola vuota e tu la devi riempire di cose, chi mette di più è il calciatore più bravo ma bisogna riuscire a stimolare ciascuno a dare un po’ di tutto. Penso a Kvaratskhelia: se in quella scatola ci mette anche recuperi e contrasti, o due ‘sparate’ anche in fase difensiva, ti crea dei vantaggi importanti. Ormai si va a cercare un calcio più moderno, senza tempo, che non abbia ruolo. Ci vogliono più cose. E Di Lorenzo è quel qualcosa in più che diventa evidente quando si parla di calcio moderno: Di Lorenzo è il calcio moderno”. In chiusura Spalletti ha regalato un’ultima dedica a Napoli e ai napoletani: “Il mio pensiero va alla città e al pubblico. Non c’è bellezza, pur grande che sia, che possa ridarti quello che mi hanno dato loro. Mi hanno fatto veramente sentire come è impossibile far sentire una persona o come può meritare una persona. Non so quello che hanno fatto a Maradona, sarà mille volte di più, ma mi immagino che amore ha ricevuto lui considerando quanto ne ho ricevuto io. L’ultimo pensiero va a loro che rimarranno sempre nel mio cuore, avrò sempre questo pubblico e questo tifo con me. Sono sempre stati a difendere Napoli e il Napoli . È una città sorprendente, incredibile dal punto di vista creativo, ti puoi trovare sempre davanti a circostanze inimmaginabili. A Napoli ho fatto due anni di università di vita perché ho conosciuto situazioni nuove, quindi il pensiero è ancora caldo per quello che io e i ragazzi abbiamo ricevuto. Ne abbiamo parlato spesso nello spogliatoio, i napoletani ci hanno trainato in questo percorso”. E infine un’esortazione, tornando a quanto già sostenuto in precedenza. “Ripeto ancora che vogliamo sentirci dire cose importanti, dalle quali i bambini possano imparare qualcosa. Non vogliamo più sentirci dire che il calcio è facile. E quest’anno dirò qualcosa anche io in televisione”.