Anche il boss pentito del clan dei Casalesi Antonio Iovine ha parlato dei presunti rapporti con i clan della camorra di Luigi Cesaro, il deputato di FI e ex presidente della Provincia di Napoli nei confronti del quale il 23 luglio scorso è stato chiesto l’ arresto alla Camera. L’esponente politico è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e turbativa d’asta. La circostanza emerge dai nuovi verbali di interrogatorio depositati dai pm della Dda di Napoli – Ardituro, Conzo, Del Gaudio e Sirignano – agli atti del Tribunale del Riesame che si dovrà pronunciare sulla istanza di revoca della ordinanza cautelare avanzata dalla difesa del parlamentare. I presunti rapporti con la camorra intessuti da Cesaro sono al centro dell’interrogatorio, avvenuto il 23 luglio scorso, che Iovine ha reso nel carcere di L’Aquila al pm della Dda di Napoli Cesare Sirignano. “Di Luigi Cesaro – afferma Antonio Iovine – avevo già sentito parlare nel corso di una riunione tra me, Michele Zagaria e Nicola Panaro nel 2005 o 2006 a Casapesenna, in un’abitazione nella disponibilità di Zagaria”. Era una riunione come tutte le altre, chiarisce ‘o Ninno, nel corso della quale però Panaro riferì che ”il politico Cesaro aveva interessi nella realizzazione di un affare ad Aversa indicato come Texas”. Panaro, secondo il pentito, chiese al gruppo se fosse possibile avvicinarlo: “Ricordo che Zagaria Michele, per nulla meravigliato dell’informazione, si assunse l’impegno di avvicinare Cesaro e di aggiornarsi sull’affare”. Dopo avere sottolineato che Zagaria aveva “ottimi rapporti” con i clan di Sant’Antimo, il Comune di cui il parlamentare è originario, Iovine spiega che Cesaro era in contatto, in particolare, con il capozona di Aversa Corrado De Luca, il quale parlava di lui come “una persona che senza alcuna difficoltà sarebbe stata avvicinata”. “Per fare un esempio chiarificatore – mette a verbale il boss pentito – dico che lo stesso avrei fatto io se qualcuno mi avesse chiesto di avvicinare Nicola Cosentino. In quel caso, infatti, al mio interlocutore avrei immediatamente risposto che avremmo potuto facilmente rivolgerci al fratello Giovanni”. Sono nove i collaboratori di giustizia le cui dichiarazioni sono state utilizzate dai pm a sostegno delle accuse contestate nell’ordinanza emessa il 23 luglio. Tra i verbali anche quello di Giosuè Palmiero, esponente della camorra di Sant’Antimo, secondo il quale tuttora le imprese dei fratelli Cesaro sarebbero impegnate nella realizzazione di opere nell’area Pip del comune di Lusciano (Caserta), episodi al centro dell’inchiesta della Dda partenopea. La vicenda risale al 2004 quando il Comune di Lusciano controllato dal clan dei casalesi (gruppo Bidognetti), bandì due appalti: per la costruzione del Pip, area del Piano insediamenti produttivi, e per un impianto sportivo per il nuoto. Secondo l’accusa, i fratelli Cesaro fecero sapere al gruppo Bidognetti di poter versare nelle sue casse una percentuale maggiore di denaro nel caso in cui avessero vinto le gare: a quel punto, il clan – sottolineano gli inquirenti – decise di puntare sulla Cesaro costruzioni.