Il Tribunale amministrativo della Campania ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale ha accolto il ricorso contro il Comune di Orta di Atella presentato da Tommaso Di Palo, Antonio Castaldo e Giuseppe Luongo. I tre professionisti furono revocati, con delibera consiliare l’8 settembre 2014, dall’incarico di revisori dei conti per “grave inadempienza”. Secondo l’amministrazione, allora guidata dall’imperatore Angelo Augusto Brancaccio, non avevano apposto la firma digitale al prospetto relativo alle risultanze del patto di stabilità, non permettendone quindi la trasmissione per via telematica. Al loro posto il consiglio comunale nominò un nuovo collegio dei revisori composto da Enzo Giardullo, Pasquale Menditto e Paola Giardino. Dopo il provvedimento di revoca, Di Palo, Castaldo e Luongo presentarono al Tar la richiesta di sospensiva, che fu accolta nel dicembre dell’anno scorso. E i ricorrenti tornarono di nuovo al loro posto. Mentre Giardullo, Menditto e Giardino furono costretti a fare le valige. La sentenza del Tar, con le motivazione con le quali ha accolto il ricorso dei revisori revocati, è stata depositata ieri (18 marzo). “Contrariamente a quanto eccepito dal Comune – si legge in un passo della sentenza del Tribunale amministrativo – non risulta ingiustificato il rifiuto dei ricorrenti di apporre la firma digitale ai documenti contabili predisposti dall’amministrazione comunale. Come è provato dai documenti allegati agli atti processuali, gli interessati hanno più volte manifestato all’amministrazione comunale le proprie perplessità in ordine alla regolarità dei documenti contabili sottoposti al loro controllo. In particolare, con il verbale del 22 agosto 2014, redatto precedentemente alla revoca dell’incarico, i revisori dei conti, in esito a una approfondita analisi del bilancio del Comune, hanno attestato il mancato rispetto del patto di stabilità interno per l’anno 2013, rideterminando il saldo finanziario in misura diversa da quella indicata dal comune”. I giudici amministrativi inoltre aggiungono: “Deve ritenersi, dunque, che il Comune abbia applicato illegittimamente l’articolo 235 del testo unico degli enti locali, non sussistendo, nella fattispecie, alcun grave inadempimento agli obblighi professionali, non essendo affatto ingiustificato il rifiuto dei ricorrenti di apporre la propria firma digitale ai documenti contabili relativi al rispetto del patto di stabilità, di cui hanno apertamente contestato la regolarità”.

Mario De Michele

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