Da 6 a 12 mesi per dirsi addio. Questa la “rivoluzione” della riforma sul divorzio breve, approvata dal Parlamento in via definitiva il 22 aprile scorso e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 6 maggio. Le nuove norme entrano in vigore a partire da martedì 26 maggio.
I procedimenti già in corso – circa 200mila – potranno chiedere il nuovo “rito”. Una richiesta che rischia di ingolfare le attività dei tribunali, in carenza di personale soprattutto amministrativo. Si riduce da 3 anni a 12 mesi la durata minima del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che legittima la domanda di divorzio. Tale termine decorre dalla comparsa della coppia davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale. Per quanto riguarda le separazioni consensuali, la durata di tale periodo e’ fissata in 6 mesi, anche nel caso in cui il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale. La comunione tra coniugi, nel caso di separazione personale, si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati. In caso di separazione consensuale, lo scioglimento avviene dalla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione dei coniugi dinanzi al presidente, purche’ omologato. L’ordinanza con cui i coniugi sono autorizzati a vivere separati viene comunicata all’ufficiale dello stato civile per l’annotazione dello scioglimento della comunione. L’articolo 3 della legge dispone che le nuove norme vengano applicate ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della riforma, anche nei casi in cui il procedimento di separazione che ne costituisce il presupposto risulti, in quella data, ancora pendente. Una “rivoluzione copernicana” per il nostro Paese “dove, in passato, bisognava attendere anche fino a 7 anni per divorziare”. Così l’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’associazione avvocati matrimonialisti italiani (Ami), definisce la riforma sul divorzio breve che ‘abbatte’ i tempi per passare dalla separazione al divorzio. “E’ un primo passo – auspica Gassani – verso una riforma più radicale, con cui la separazione potrebbe diventare facoltativa e non obbligatoria per divorziare. In alcuni Paesi europei, infatti, è possibile già il divorzio diretto”. Il presidente degli avvocati matrimonialisti esprime pero’ qualche perplessita’ sulla durata minima di 12 mesi, nei casi di separazione giudiziale, del periodo per poter chiedere il divorzio: “non mi convince – afferma – è uno slogan inapplicabile, data la lentezza e la complessità dei procedimenti civili nel nostro Paese”. Difficile fare delle stime su quante coppie, da martedi’ prossimo – giorno in cui la legge sul divorzio breve entrerà in vigore – saranno interessate dalla nuova normativa: “il provvedimento legislativo puo’ riguardare da 50mila a 300mila procedimenti, una forbice molto ampia dovuta al fatto che non tutti in Italia intendono passare dalla separazione al divorzio.Ogni anno in media ci sono 90mila separazioni ma solo 50mila divorzi” . I vantaggi che la nuova legge portera’ a chi si trova a vivere la fine di un matrimonio saranno soprattutto di carattere psicologico e sociale: il divorzio breve, secondo Gassani “porterà ad evitare le asprezze che aumentano tra i coniugi nel periodo molto duro che si vive in attesa di una sentenza e sarà un incentivo alle separazioni consensuali, nelle quali c’è bisogno solo di pochi mesi per definire la situazione”. Inoltre, la nuova legge segnerà uno “stop”, sottolinea il presidente dell’Ami, per il cosiddetto “turismo divorzile”, che finora ha coinvolto circa 10mila coppie: “le norme Ue consentono che un cittadino che prende la residenza all’estero per 6 mesi – ricorda Gassani – possa rivolgersi per le controversie civili al giudice di quel Paese, ora non ce ne sarà più bisogno”.