di Mario De Michele

Tra pochi giorni (il 29 febbraio) ricorre il terzo trigesimo della morte politica del segretario provinciale del Pd casertano Raffaele Vitale. Alla messa nella chiesa di via Maielli non parteciperà il suo successore. Una scortesia? Altri impegni? Niente di tutto questo. Il nuovo leader dem non ci sarà perché a distanza di tre mesi non è stato ancora eletto. Da quasi 90 giorni il partito democratico è senza timoniere. E nessuno, dai cosiddetti big all’ultimo degli iscritti, si è posto il problema. Seriamente. Tutti fanno finta di nulla. Tutto va ben, Madama la Marchesa! E chi se ne strafotte se ci sono le elezioni alle porte in 52 Comuni della provincia di Caserta, tra cui in molte grandi città (il capoluogo, Aversa, Santa Maria Capua Vetere, solo per citarne alcune). Questo è il Pd. Prendere o lasciare. Possibile che nessun dirigente o esponente istituzionale si ponga una domanda facile facile: ma perché un elettore dovrebbe votare per un partito allo sbando? Tutti sono impegnati a coltivare il proprio orticello. A mantenere rendite di posizione. A pensare, insomma, ai c… propri (elezioni politiche). E intanto il Pd casertano affonda mestamente nell’oceano dell’insipienza politica. Di chi la colpa? Lo abbiamo già detto, un po’ di tutti. Ma una nota di demerito in più va assegnata (se la sono davvero guadagnata) ai cosiddetti dissidenti. Il muro anti-Vitale è rovinosamente crollato già all’indomani delle dimissioni del segretario provinciale. Si è sgretolato come un castello di carta. Il fronte composto da Riformisti, pittelliani, caputiani, Giovani turchi e area Oliviero-Picierno è svanito nel nulla. Si è scisso in tanti atomi. Ha prodotto monadi, per dirla con Leibniz. O schegge impazzite, per essere più terra terra. In politica bisogna sempre avere segnare un punto di caduta, altrimenti si finisce nel baratro. I dissidenti invece hanno solo pensato a “distruggere” senza tracciare in parallelo un percorso alternativo. Una soluzione. Il risultato? Un disastro. Non sono immuni da colpe Vitale e i suoi supporter. L’ex segretario si è fatto stritolare dall’abbraccio mortale dei gruppi Graziano-Stellato. Non ha compreso che in tempo di guerra il condottiero deve cercare in ogni modo di tenere unite le truppe, anche le pattuglie (correnti) più ribelli. Invece si è fatto fagocitare dai plotoni di Graziano e Stellato. E alla fine si è dovuto arrendere. Col senno del poi il vero sconfitto non è Vitale, ma l’intero gruppo dirigente dem. Ha perso tutto il Pd. Quello stesso Pd che in questi giorni sta effettuando un ridicolo tesseramento relativo al 2015 (non siamo nel 2016?). Quello stesso Pd che sta presentando senza un progetto politico complessivo i candidati a sindaco nei Comuni che vanno al voto. Quello stesso Pd che in tre mesi non è stato in grado di eleggere un nuovo segretario. Il 29 febbraio non è il terzo trigesimo della morte politica di Vitale. Ma del partito. Condoglianze.

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