A guardare le immagini c’è poco spazio da lasciare all’immaginazione. La domanda, a questo punto, non sarebbe tanto “se” ma “quanto” negli ultimi decenni è stata contaminata la falda acquifera del comune di Sant’Antimo. L’ex distilleria Palma è un vecchio sito industriale che diversi anni fa produceva distillati. Abbando-nata alle intemperie dopo lo stop della produzione è ritornata a far parlare di se “grazie” all’enorme quantità di amianto al suo interno ed ai ripetuti furti di materiale ferroso di cui è stata oggetto. Durante uno degli ultimi tentativi di bonifica dell’intera area i lavori furono bloccati, ed il sito seque-strato, perché una gru, nel manovrare, fece crollare un enorme lastra di eternit sprigionando un nuvolone di amianto nell’aria. Uno degli ultimi furti di ferro fu, probabilmente, alla base del crollo di un’ala della vecchia struttura appena un anno fa. Crollo che, facilitato anche dalla pioggia, destò non poca preoccupazione per gli abitanti della zona. L’ultimo, ed ancora attuale, sequestro dell’intera area arrivò di lì a pochi mesi. Quattro uomini furono colti in flagrante mentre tentavano di asportare materiale ferroso dai locali dell’ex distilleria. Durante l’interrogatorio sembra che uno dei quattro dichiarò, tra l’altro, che alcuni dei proprietari fossero a conoscenza di tali operazioni. Oggi buona parte dell’amianto risulta asportato ma i problemi non sembrano finiti. All’interno dell’area sarebbero presenti rifiuti di ogni sorta accumulati lì, chissà da chi e da quanto tempo. Si tratta di materiale di risulta edile, di copertoni, di frammenti sparsi di pannelli di eternit e di vecchie tubature sempre in eternit, oltre ad enormi fusti in ferro arrugginiti e a materiali plastici. Il tutto, chiaramente, esposto agli agenti atmosferici. Ma non è tutto. All’interno dell’ex Distilleria c’è ancora una vasca che contiene del combustibile pesante il quale, serviva, all’epoca dell’attività industriale, per l’alimentazione delle caldaie. Il combustibile, secondo l’Ing. Raffaele Spasiano, che è stato direttore tecnico e coordinatore per il lavori di bonifica dell’ex distilleria in una prima fase, era uno dei materiali più pericolosi insieme all’amianto. “La distilleria Palma – ci ha riferito telefonicamente l’Ingengnere – ha dei tappetini e delle strutture in calcestruzzo sul fondo di questa vasca che non permettono quasi per niente l’infiltrazione nel sottosuolo. E’ appunto il “quasi per niente” a preoccupare, soprattutto considerando il numero di anni che questo rifiuto pericoloso è stato lasciato all’interno di quella vasca. Abbiamo allora contattato l’amministratore della società che ha tentato, con scarsi risultati, di prelevare il materiale dalla vasca. Quando siamo arrivati – ci ha spiegato Massimo Iazzetta, amministratore della mayacologia s.r.l. – il materiale presentava una consistenza abbastanza pesante. Il quantitativo estratto fu esplorativo, nel senso che c’era questa vasca della quale non si riusciva a valutare la capienza. L’attività fu in-dirizzata su un determinato quantitativo che però non fu raccolto tutto. Le difficoltà che avemmo derivarono dal fatto che impostammo i macchinari sulla raccolta di un materiale liquido, così come indicato dalle analisi di caratterizzazione. Tuttavia, di liquido in quella vasca, come è possibile vedere dalle immagini, non c’era più nulla poiché Il “combustibile pesante”, che nasce come materiale liquido, negli anni tende a solidificarsi. Come se non bastasse, dopo il tentativo di bonifica fallito, la vasca fu tombata. Operazione che, come ci ha spiegato l’amministratore della Mayaecologia, non sarebbe possibile, se non in condizioni di sicurezza particolari e non certo con la vasca ancora piena. Successivamente, per operare delle analisi sul materiale catramoso, fu effettuato un foro nel suolo che ad oggi risulta ancora aperto e dal quale fuoriescono effluvi tossici che vengono respirati dai residenti della zona. Peraltro, dallo stesso foro, così come risulta evidente dalle immagini, non è difficile entrare in contatto con la sostanza. Per essere chiari – ha continuato l’amministratore – è un rifiuto pericoloso, un HP14. Si tratta cioè di un rifiuto che a contatto con l’ambiente genera inquinamento. Quindi non è un rifiuto che può essere lasciato incustodito o che può essere stoccato come una semplice acqua. Tra l’altro un rifiuto pericoloso non può essere tenuto in stoccaggio per più di tre mesi. Stiamo parlando di una mezza bomba – ha concluso l’amministratore – nel senso che quelle vasche andrebbero bonificate quanto prima perché sicuramente costituiscono un pericolo per la matrice ambientale, e questo te lo dice un tecnico che fa questo di mestiere. Il serio rischio di un incalcolabile disastro ambientale maturato negli anni è concreto. L’ex distilleria Palma è ubicata nel centro storico del paese che, come molti altri comune dell’hinterland napoletano, è attraversato da profonde cavità sotterranee ricavate, negli ultimi due secoli, estraendo il tufo per l’edilizia. Non ci sarebbe, dunque, molto terreno a separare la vasca con il combustibile in questione, che l’unione europea definisce “ecotossico”, dalla falda acquifera. Inoltre, dalle immagini è possibile vedere anche un “tubo di sfogo” che, oltre a disperdere nell’aria fumi tossici, ha, negli anni, contribuito alla trasudazione del combustibile all’esterno della vasca di raccolta. intanto l’ufficio igiene del comune di Sant’Antimo dice di non saperne nulla, essendo quella un’area privata e l’Arpa Campania, che è stata investita delle vicenda dopo l’ultimo sequestro, sostiene di non essere ancora stata messa in condizioni di effettuare la caratterizzazione dei rifiuti presenti all’interno del sito.

Luca Leva

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