I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Caserta hanno dato esecuzione nel territorio di Marcianise ad un decreto di sequestro preventivo di due unità immobiliari e quattro posti auto, emesso dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura di Napoli, Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti della società di costruzione MLCAL srl, formalmente intestataria dei predetti beni, di proprietà di Sebastiano Minutolo, Giovanna Mazzarella, Franco Minutolo (quale socio occulto della predetta compagine societaria). La misura cautelare in argomento, trae origine da una complessa indagine che evidenziava come il clan Belforte, a mezzo dei suoi esponenti apicali, avesse praticato tassi usurari ad un prestito di euro 300.000 circa effettuato ai predetti imprenditori della Società di costruzione, ottenendo a garanzia e pagamento dello stesso la disponibilità degli appartamenti e posti auto del valore complessivo di oltre 700.000 euro. Da qui l’accusa di usura ma anche di intestazione fittizia di beni, utile ad eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale in danno di esponenti dell’organizzazione camorristica in esame. In particolare, seppure formalmente ancora intestati alla MLCAL srl, gli appartamenti sarebbero stati posti a reddito a beneficio dell’organizzazione criminale, reale titolare del bene. Nonostante l’assenza di collaborazione da parte delle vittime, le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli – D.D.A., venivano avviate nell’anno 2007, a seguito di una perquisizione all’interno dell’abitazione di Bruno Buttone, esponente di spicco del sodalizio e cassiere del Clan, ove era possibile rinvenire l’intera contabilità dell’organizzazione, compreso il patrimonio occulto del gruppo criminale e procedere ai relativi sequestri. Nel merito, nel corso della perquisizione, venne rinvenuto l’elenco degli imprenditori soggetti ad usura ed estorsione, nonché la lista degli affiliati ed i relativi stipendi, il tutto annotato cripticamente con complessi codici identificativi, che solo la conoscenza del territorio e dell’organizzazione criminale da parte degli inquirenti rendeva possibile decifrare. Le indagini venivano da ultimo corroborate dalle dichiarazioni rese dal Collaboratore di Giustizia Camillo Belforte, figlio del Capo Clan Salvatore, il quale nel rendere dichiarazioni auto ed etero accusatorie confermava l’intero impianto investigativo, contribuendo all’individuazione di altri beni per cui sono in corso ulteriori indagini.