E’ di quattro manifestanti morti e almeno una trentina di feriti il bilancio degli scontri nelle proteste tibetane che si susseguono da lunedi’, le piu’ violente degli ultimi quattro anni. Lo riferisce il gruppo Free Tibet, basato a Londra, che spiega che dopo gli scontri di lunedi’ a Luhuo, martedi’ i disordini si sono estesi alla provincia di Seda dove due manifestanti sono stati uccisi.
Altri due manifestanti sono stati uccisi oggi nella provincia sud-occidentale di Sichuan, nell’altipiano a maggioranza buddista al confine con il Tibet. Per la Xinhua -agenzia ufficiale del governo cinese- la vittima sarebbe una sola, un tibetano morto per gli spari della polizia in un assalto a una caserma di Seda con bottiglie, sassi e coltelli che ha causato il ferimento di 14 agenti. Come si legge su AgiChina24 (www.agichina24.it), il Dipartimento di Stato Usa ha espresso “grave preoccupazione” e ha fatto sapere che la questione verra’ sollevata in occasione della visita del vicepresidente cinese Xi Jinping a Washington a meta’ febbraio. “Chiediamo al governo cinese di impegnarsi in un dialogo costruttivo col Dalai Lama o con i suoi rappresentanti per risolvere la situazione tibetana”, si legge in un comunicato del Dipartimento di Stato. Con il Dalai Lama che non ricopre piu’ ufficialmente una carica politica, da Dharamsala, in India, il governo in esilio si e’ fatto sentire per bocca del primo ministro Lobsang Sangay, che chiede l’intervento della comunita’ internazionale “per evitare altri bagni di sangue”. Le aree tibetane sono state completamente sigillate dalle forze dell’ordine ed e’ impossibile visitarle per stabilire con esattezza cosa sia successo. Dalle diverse versioni si ricostruisce che i disordini si stanno propagando in varie zone della provincia del Sichuan, con una forte presenza della minoranza tibetana. Lunedi’ Pechino e’ tornata ad accusare forze straniere” per le violenze: “I tentativi di gruppi secessionisti con base all’estero di usare il Tibet per distorcere la verita’ e gettare discredito sul governo non avranno alcun successo” ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Hong Lei. Da marzo 2011 sono almeno una quindicina i tibetani che in queste zone si sono dati fuoco per protestare contro il governo cinese, e Pechino ha di nuovo chiuso l’area ai turisti stranieri: diverse agenzie di viaggi rendono noto che per il quinto anno consecutivo sara’ impedito l’ingresso alle zone tibetane nel periodo che va dal 20 febbraio – nel quale si celebra il capodanno tibetano- al 30 marzo, anniversario degli scontri che nel 2008 insanguinarono la regione.