È nel “Giorno della Memoria” che la comunità rom di Gianturco, insieme al Comitato Abitanti di Via Brecce e la Rete Antirazzista Napoletana, si è data appuntamento per un presidio ai cancelli della Prefettura. La mobilitazione, lanciata sui social con un comunicato, segue ad una settimana di tensioni e minacce di sgombero proprio al campo rom di via delle Brecce a Sant’Erasmo. Parlano di uno sgombero silenzioso e violento, gli attivisti del comitato, e dell’assenza totale di politiche inclusive verso la comunità. Sotto accusa è il Comune di Napoli e il suo sindaco, Luigi De Magistris, oltre che Prefettura e Regione: se da un lato le istituzioni parlano di accoglienza ed inclusione della popolazione rom, di fatto, queste comunità continuano a vivere ai margini del tessuto sociale napoletano. E se la parola “integrazione” fuori emerge nella teoria, tale concetto, diviene completamente assente nella prassi, dove la parola d’ordine, come spesso accade di fronte alle criticità del territorio, diviene sempre e solo una: emergenza. “ Il sindaco sarebbe meglio che la smettesse di parlare di città dell’accoglienza – si esprime duramente Padre Alex Zanotelli – perché a livello di politiche sociali è una vergogna questa città, lo dico sull’albergo dei poveri, mi riferisco alla questione migranti, per non parlare dei rom” Il comunicato dei solidali di via brecce e degli antirazzisti napoletani denuncia – “ un’emergenza costruita ad arte perché da sempre colpevolmente ignorata, in quanto nessuna istituzione si è mai preoccupata di progettare una vera politica abitativa per i rom di Napoli.” L’unica risposta istituzionale, in Campania come in quasi tutto il resto d’Italia, continua ad essere l’allestimento di campi, più o meno legali. E’ evidente quanto una siffatta gestione sia stata, negli anni, promotrice della costruzione di veri e propri ghetti, di aree di marginalità e fragilità sociale, in completa contraddizione con qualsivoglia ipotesi di inclusione di una comunità ormai stanziale. Anche nel caso di Via delle Brecce, infatti, parliamo di un campo occupato stabilmente dal 2008, nel quale si contano ben 1300 persone, di cui circa 450 sono solo bambini. Gli attivisti, negli ultimi giorni, denunciano gravi anomalie – “ Il comune avrebbe messo in atto una sorte di censimento fasullo attraverso il quale sarebbero emersi numeri decisamente inferiori rispetto a quelli effettivi ” . Al momento, l’unica alternativa proposta è ancora una volta un campo, peraltro in fase di allestimento, in via del Riposo, in grado di accogliere solo poche centinaia di persone, selezionate sulla base di criteri ancora ignoti. Intanto – denuncia il comitato – è iniziato uno sgombero silenzioso perché messo in atto da polizia e vigili urbani con tecniche che mirano a spaventare e far fuggire gli abitanti del campo. Gli atteggiamenti aggressivi delle forze di polizia e la loro presenza costante nella forma di un assedio permanente, il sequestro vigliacco dei più semplici strumenti di sopravvivenza (dalla macchina al furgone, dal carrello al cibo fino ai pacchi della Caritas), le continue identificazioni dei solidali, il tentativo di bloccare i giornalisti che cercavano di documentare tutto questo, vogliono intimidire i rom e distruggere qualsiasi legame di solidarietà con la loro lotta.”
Giulia Ambrosio