Sarebbe facile presentare l’ennesima analisi della degenerazione politica, civile e culturale che ha colpito la nostra città nell’ultimo decennio. Un declino sicuramente allineato a quello dell’intera Italia, attraversata da una crisi economica e sociale di proporzioni inedite, anche se prevedibili. L’analisi dell’esistente appare, infatti, inutile non già perché non dia indicazioni per invertire la rotta, ma perché è ormai esercizio accademico a cui sono aduse sia le formazioni politiche sia la rete di movimenti e associazioni che animano il territorio.

A Maddaloni, più che nei comuni limitrofi, il graduale smantellamento del tessuto produttivo e commerciale ci ha consegnato una disoccupazione giovanile ben al di sopra della media nazionale, ma anche il dilagare di una povertà materiale e immateriale che, soprattutto nelle periferie, ferisce ampie fasce di quel «ceto medio» che era il bacino della mobilità sociale verso l’alto. Se la povertà materiale conduce a nuove schiavitù nelle forme del lavoro nero, sottopagato e irregolare, la povertà immateriale incide sulla psicologia individuale e collettiva, alimentando paure per le quali si cercano risposte semplici e apparentemente efficaci, sebbene ingannevoli.

È la povertà immateriale e di cultura civica che ha condotto, per esempio, diversi nostri concittadini a cedere al voto di scambio, un modo per ottenere immediati vantaggi (la spesa per la domenica, 20 euro o il favore personale) che però si rivela una spia della perdita di fiducia nelle istituzioni. Il populismo, spinto alle estreme conseguenze dalle destre, con derive xenofobe e razziste, fa credere che chi si presenta agli elettori voglia solo assicurarsi i propri interessi, tutelare qualche proprio accolito o soddisfare una vanità di potere, convincendo il cittadino che quelli della «casta» sono tutti uguali, che il «nemico» è il più povero, l’immigrato, il «diverso», l’altro da sé.

Se l’analisi è condivisibile, è sul «che fare?» che sono chiamate a esprimersi le forze politiche della città. Stando alle attuali «discese in campo», è chiaro come alcuni puntino a cavalcare l’onda del degrado, esasperandolo. A molti, a troppi, conviene che il cittadino consapevole si degradi ad atomo di un «popolo bue», a garanzia della conservazione.

I comuni, per le scelte degenerate degli ultimi governi nazionali, hanno pagato la crisi economica più delle istituzioni regionali e centrali. A Maddaloni la situazione è stata ulteriormente aggravata da scelte irresponsabili, che risalgono indietro nel tempo, dirette a obiettivi elettoralistici immediati e mai a una pianificazione finanziaria strutturale.

In questo contesto, la sinistra ha il dovere di lasciare il cantuccio della mera critica dell’esistente per elaborare una nuova visione della società e della città, declinata in una nuova «lotta di classe». A livello locale, il cambiamento di rotta è tale solo se interviene in profondità e in totale discontinuità rispetto al passato, con una proposta che miri all’innovazione nell’organizzazione amministrativa, affinché questa sia effettivamente posta al servizio della collettività, con scelte coraggiose nel senso del recupero delle periferie e della lotta all’emarginazione, alle solitudini e alle povertà.

È il tempo di un programma nutrito da grandi ideali, ma al contempo traducibile in risposte che ricadano sulla vita dei cittadini in termini di accresciuto benessere individuale e collettivo: scuole sicure, strade percorribili, servizi sociali all’altezza dei bisogni della collettività, equità fiscale, dunque giustizia sociale.

Una sinistra «unita», che parta dalle persone e dalla pluralità di bisogni ma anche di risorse di cui ciascuna è portatrice, deve intendersi, dunque, al servizio della città, non di questo o quel notabile, pertanto estranea alle beghe interne del Partito democratico e delle sue bande l’un contro l’altra armata.

L’auspicio è di costruire uno spazio di elaborazione politica e culturale nel quale tutte le forze di sinistra della città – che siano partiti (termine che ci proponiamo di usare senza vergogna alcuna), movimenti o associazioni – siano chiamate a coagularsi per sviluppare un’idea di città possibile e realizzabile. Un’idea da alimentare insieme a partire da un’assemblea pubblica che convocheremo nei prossimi giorni con tutti i soggetti che accoglieranno questo appello, in radicale alternativa alle proposte attualmente in campo, che denotano non già quello che i nuovi populisti chiamano «vecchia politica» (peraltro non tutta da buttare), bensì la tendenza a concepire il campo pubblico come affare privato per pochi intimi e non come la sfera «sacra» della partecipazione e dell’agire collettivo per il bene comune.

 

Partito Comunista Italiano (Ciro Cortese)

Partito della Rifondazione Comunista (Angelo Vigliotta)

Sinistra per Maddaloni (Michela Vinciguerra)

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