Avremmo voluto pubblicare già qualche giorno fa un’altra puntata della nostra inchiesta sui professionisti dell’antimafia ma abbiamo preferito far sfumare le polemiche sollevate dalle dichiarazioni dell’onorevole Walter Verini del Pd. In tanti hanno ribattuto alle sue affermazione a caldo dopo la bufera giudiziaria sulla sanità umbra. “L’Umbria non è Casal di Principe”, ha detto tra le altre cose l’esponente dem. Noi abbiamo preferito non commentare nemmeno “l’uscita” di Verini. Uno che pensa o dice cose del genere non merita di più che ricevere il premio di “Coglione dell’anno”. La canea a sostegno del sindaco e dei cittadini di Casal di Principe, ripetiamo, sarebbe bastato un “sei un coglione”, non può e non deve impedire però di fare un’operazione verità sul mondo dei finti paladini della legalità. È doveroso farlo proprio per riconoscenza e gratitudine verso chi senza alcun tornaconto personale ha combattuto e combatte ancora contro la camorra.

Oggi apriamo il capitolo dell’informazione. Alcuni giornalisti che si sono occupati di terra di Gomorra hanno rischiato la vita. C’è poco da dire. Molto da scrivere c’è invece su quei cronisti che in cerca dei warholiani 15 minuti di celebrità o per condizionare le sorti politiche delle città strette nella morsa dei clan sono saliti sul carro dei giornalisti anticamorra. Partiamo da Tina Cioffo, tra i soci fondatori del comitato don Peppe Diana e giornalista de il Mattino di Caserta. È diventata il megafono dell’associazione soprattutto da quando suo marito Giovanni Zara è diventato sindaco di Casapesenna. Cioffo ha raggiunto i massimi picchi di legalità quando il suo consorte è stato mandato a casa. Da quel momento l’ex primo cittadino Fortunato Zagaria, di cui Zara è stato vicesindaco per anni e anni, è diventato il demonio. Sia chiaro, Fortunato Zagaria è sotto processo per violenza privata (poi per concorso in associazione mafiosa) su denuncia di Zara. Lungi da noi mettere i due sullo stesso piano. Il ragionamento è un altro. Cosa ha scritto Tina Cioffo quando suo marito era il braccio destro di Fortunato Zagaria? Quest’ultimo fino a un certo punto era una persona perbene poi si è trasformato in Lucifero? Nessuno si è accorto di nulla? Vabbè, diciamo pure che i coniugi sono due fessacchiotti che vivevano sulla luna. Sono fessacchiotti anche quei giornalisti che non hanno riportato (Cioffo inclusa, ovviamente) le dichiarazioni in videoconferenza, proprio nel processo contro Fortunato Zagaria, del superboss dei Casalesi Michele Zagaria su Giovanni Zara? “L’ho incontrato quando era adulto; mi ha chiesto anche due favori”, questo ha detto in aula il capoclan. Noi di Campania Notizie tendiamo a non dare peso alle dichiarazioni dei camorristi pentiti o meno che siano. Ma dobbiamo metterci d’accordo su un punto: o valgono sempre o non valgono mai.

Ci spieghiamo meglio. Se il boss Zagaria minaccia in aula Zara si scatena il putiferio mediatico. Se lo stesso boss dice di aver incontrato Zara c’è il silenzio tombale. È questa l’informazione libera? O è il regime dei professionisti dell’anticamorra? Guarda caso dopo la sua sindacatura Giovanni Zara viene nominato responsabile legale della Federazione associazioni antiracket della provincia di Caserta guidata a livello nazionale da Tano Grasso. A sponsorizzare Zara fu l’allora ex sottosegretario del Ministero dell’Interno Alfredo Mantovano. Lui e l’ex sindaco di Casapesenna erano entrambi di Alleanza Nazionale. Sembrerebbe inoltre che Mantovano abbia avuto un ruolo determinante nell’affidamento di un remunerativo contratto alla Federazione associazioni antiracket con i fondi del Pon Sicurezza. Torniamo ai giornalisti anticamorra(?). Giovanni Zara, nel breve periodo in cui è stato sindaco di Casapesenna, ha conferito l’incarico di ufficio stampa ad Alessandra Tommasino, anche lei giornalista de il Mattino di Caserta, amica strettissima di Tina Cioffo. La Tommasino è componente del coordinamento operativo del comitato don Diana. Nulla di male. È una giornalista brava e preparata. La distorsione è che tutto ruota attorno ad una cerchia ristrettissima dell’associazione. La conferma arriva da un altro “caso editoriale” nel quale sono coinvolti Raffaele Sardo, socio fondatore e membro della commissione etica del comitato don Diana, Mauro Baldascino, anche lui socio fondatore oltre che componente del coordinamento operativo del sodalizio, e Renato Natale, socio fondatore del comitato don Diana e attuale sindaco di Casal di Principe. I tre moschettieri della legalità, che fanno parte anche di Libera presieduta dal pirandelliano Gianni Solino, sono stati oggetto di una dettagliata interrogazione parlamentare del Movimento 5 Stelle.

“Tre noti esponenti dell’associazione Libera, – scrivono i deputati – Raffaele Sardo, attualmente redattore de La Repubblica, Renato Franco Natale, ex sindaco e commissario cittadino di Casal di Principe Pd (all’epoca dei fatti non era ridiventato sindaco, ndr), Mauro Baldascino, (in quegli anni, ndr) responsabile provinciale sui beni confiscati, sono stati soci dell’avvocato Cipriano Chianese nella società Publimedia 96 srl, società operante nel ramo dell’editoria e che in particolare pubblicava il quotidiano Lo Spettro, nonostante il Chianese sia stato coinvolto in numerose inchieste giudiziarie relative al fenomeno delle cosiddette ecomafie fin dal 1993; egli sarebbe entrato a far parte, senza obiezioni, della suddetta compagine sociale in anni successivi a questo suo primo coinvolgimento giudiziario”. Nessuno parlò dell’interrogazione dei pentastellati tranne il Fatto Quotidiano. Per il resto omertoso silenzio.

Apriamo una parentesi. Anche il sottoscritto e tanti colleghi perbene e immacolati hanno collaborato in quegli anni con Lo Spettro. Nemmeno uno di noi, molti dei quali agli esordi giornalistici, sapeva o poteva sapere da chi fosse composta la società editrice. Né tanto meno che uno dei soci fosse addirittura Cipriano Chianese, condannato lo scorso gennaio a 18 anni di carcere nel processo sulla discarica Resit. Ci metto due mani sul fuoco. E sfido chiunque a provare il contrario. Tina Cioffo, Alessandra Tommasino, Raffaele Sardo (autore di libri “anticamorra”), Mauro Baldascino e Renato Natale fanno parte tutti del comitato don Diana e di Libera. Non si è mai capito bene dove comincia uno e dove finisce l’altra.

I cittadini-contribuenti hanno il diritto di sapere se hanno partecipato a pagamento a progetti pubblici o privati legati alla loro attività anticamorra? Per noi è una domanda legittima. Attendiamo fiduciosi una risposta. Basta che non siano le solite manfrine sulla macchina del fango o su complotti intergalattici. Si vada nel merito delle questioni. O si taccia per sempre.

Mario De Michele

(continua…)

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