di Luigi Viglione

E’ di ieri la notizia dello sversamento di rifiuti nell’ex impianto di compostaggio, che sorge proprio accanto allo Stir, nel territorio di Santa Maria Capua Vetere, operato illecitamente dai gestori della ditta Lea Srl, già agli arresti con l’accusa di aver intombato rifiuti sotto il sito di trattamento rifiuti, di cui sono titolari, nella zona industriale di Marcianise. Le discussioni su questo nuovo scempio ambientale hanno tenuto banco per l’intera giornata. Chi e perché ha costruito l’impianto? Di chi è? Perché è stato abbandonato? A seguire cercheremo di dare risposta a questi interrogativi, facendo luce su fatti dei quali gli ultimi sversamenti abusivi costituiscono solo l’epilogo di una storia ben più lunga e dai tratti molto più oscuri.

Partiamo dal primo interrogativo: chi e perché li ha costruito l’impianto? Tutta la vicenda inizia nel 1986, anno in cui fu approvata e avviata la costruzione dell’impianto di compostaggio, dietro la spinta Consorzio volontario Smaltimento dei rifiuti 3CE, passato successivamente al Consorzio CE/2, che sarebbe poi diventato a sua volta Consorzio GeoEco. Ma andiamo con ordine. La struttura viene completata solo nel 1996 (a titolo informativo ricordiamo che l’emergenza rifiuti in Campania è stata dichiarata nel 1994), dopo non pochi problemi visto che in corso di realizzazione il Consorzio Beta, nonostante fosse leader mondiale nella costruzione di tali siti, dichiarò fallimento.
Secondo interrogativo: di chi è l’impianto? A lavori ultimati l’impianto di compostaggio, costato circa 22 miliardi di lire, viene consegnato al Consorzio CE/2. Ma andrà in funzione solo nel 1998, sotto la gestione di quello che nel frattempo è diventato il Consorzio GeoEco (non inizia a correre anche a voi un brivido lungo la schiena?). Da questo punto in poi la storia inizia a contornarsi di elementi sempre più inspiegabili. All’impianto vengono imposti una serie di obblighi volti alla tutela della salute del cittadino, puntualmente inosservati. A partire dalla non attivazione degli aspiratori con filtri per l’abbattimento delle maleodoranze, al mancato monitoraggio delle emissioni dei gas vari provenienti dal processo di biostabilizzazione della materia organica. A questo si è aggiunta una gestione criminale dei rifiuti da trattare, adottando la logica del massimo profitto in modo illecito e a discapito degli Enti locali, cioè della comunità: conferire rifiuti in discarica all’epoca costava ai Comuni 106 lire/kg mentre conferire nell’impianto in questione ne costava 160, in virtù del processo di trattamento più complesso. La gestione criminale consisteva nel far scaricare nell’impianto per poi caricare tal quale e mandare in discarica. Così, sottratti i costi del conferimento dei rifiuti in discarica, la gestione dell’impianto intascava 54 lire/kg per il solo passaggio di ‘testimone’. Senza trattare alcunché. Elementi, questi, emersi solo dopo il monitoraggio dell’attività dell’impianto, che stranamente riusciva a lavorare quantitativi di rifiuti ben maggiori di quelli per i quali era stato progettato.

Terzo interrogativo: perché è stato abbandonato? A seguito delle inosservanze in materia di emissioni in atmosfera, e c’è chi sostiene anche per la prossima costruzione della linea Tav nelle immediate vicinanze, l’impianto chiuse i battenti nel 2001. Fu successivamente individuata un’altra zona dove ‘trasferire’ l’impianto: località Maruzzella, dove già era attiva la discarica omonima e l’impianto di trattamento di Ferrandelle, nel territorio di San Tammaro. Zona in cui sorge anche il real sito di Carditello (o la piccola reggia, come conosciuta ai più). Il consiglio di amministrazione del Consorzio GeoEco dichiara obsoleta l’attrezzatura dell’impianto di Santa Maria Capua Vetere, che viene così svenduta (ricordiamo il costo complessivo: 22 miliardi di lire), e nel contempo ottiene un finanziamento con fondi POR Campania 2000-2006 la cifra di circa 4.730.000 euro. Non fu comprensibile la decisione di dismettere tutte le attrezzature, che si sarebbero potute tranquillamente utilizzare con un consistente risparmio di soldi pubblici.

L’impianto in località Maruzzella fu ultimato tra il 2006 e il 2007, con una spesa complessiva di quasi 6 milioni di euro, senza andare mai in funzione. Il suo unico utilizzo si è avuto come sito di stoccaggio di ecoballe (che di eco avevano ben poco) nel 2008, su disposizione dell’allora commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, Gianni De Gennaro (processato e poi assolto insieme all’ex presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino). Tra l’altro, con un deposito di balle di monnezza che andava bel oltre la portata massima del piazzale utilizzato. Passata questa fase, ha seguito la stessa sorte del suo ‘genitore’ di Santa Maria Capua Vetere: è stato abbandonato ed è diventato terra di nessuno.

 

 

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