di Mario De Michele
Per metterci d’accordo partiamo da un quesito: gli amministratori comunali sono stati eletti per fare i lavoratori socialmente utili o per governare le città? La domanda retorica, che in una nazione normale sarebbe da trattamento sanitario obbligatorio, nasce dallo svilimento delle istituzioni che, causa populismo e demagogia, sono ridotte in alcuni casi a palcoscenici da cabaret di quart’ordine. Sul proscenio si pongono, con fare istrionico e con un pubblico in visibilio, gli stessi rappresentanti degli enti locali, cui la Carta costituzionale e la legge ordinaria 142/90 (e sue modificazioni) hanno riconosciuto ampi poteri di autonomia. Come ben sapevano i tanti vituperati politici della prima Repubblica l’autogestione, recintata nei perimetri delle norme nazionali, si riferisce però all’attività di governo locale, giammai a esibizioni carnascialesche che si addicono a guitti di periferia. L’avvento della seconda e terza Repubblica, con il boom elettorale di movimenti e partiti allergici alla politica con la “P” maiuscola, ha decretato la morte della classe dirigente, intesa come partiti, oratori, imprenditoria, mondo delle professioni, scuole, associazioni e così via. Il vuoto della politica è stato colmato da personaggetti in cerca d’autore e di potere. Alla fine della fiera della vanità (Vanitas vanitatum et omnia vanitas) ci ritroviamo di fronte alla domanda retorica: gli amministratori comunali sono stati eletti per essere lsu o per governare? A ben guardare la realtà, che ha ampiamente superato la fantasia (i poveri costituenti che ne potevano sapere?), nel buco nero dell’oclocrazia (potere nelle mani della moltitudine, non del popolo, distinzione siderale) sono sprofondati rappresentati istituzionali nazionali, regionali e locali.
In fondo al “buco” sono finiti una moltitudine, appunto, di sindaci e amministratori comunali. L’ultimo primo cittadino, in ordine di tempo, che ha brandito l’arma della demagogia è Vincenzo Santagata. A differenza dei suoi predecessori è persona limpida e perbene, va detto, ma si è incanalato nel solco del populismo. Si è munito di scopa e paletta ed è stato immortalato sotto al ponte della ferrovia che collega Gricignano, Carinaro e Teverola (nei pressi della zona Asi) da un fotografo “casualmente” presente sul posto mentre liberava le caditoie dai residui provocati dal maltempo. Molti esseri “sopravviventi” del web hanno commentato con entusiasmo l’eroica impresa di Santagata. Torniamo per un attimo alla Costituzione. I cittadini hanno il dovere di partecipare alla vita pubblica per perseguire l’interesse della nazione. E qui sorge un altro problema. Per poter contribuire alla crescita della comunità in cui si vive bisogna possedere due prerequisiti di fondo: vivere la realtà (non la virtualità della Rete) e comprenderla sulla scorta di capacità di analisi (ragionare). Doti di cui non sono muniti i webeti, persone frustrate che si autoconvincono di fornire un contributo fondamentale al mondo pubblicando post genialoidi. Prima della parola, diceva Eco, viene la filosofia, cioè la conoscenza, la cultura, il pensiero. Quasi nessuno, purtroppo, ha letto un rigo di qualche scritto di uno dei maggiori intellettuali della storia dell’umanità, scomparso nel 2016.
Gli eletti, che dovrebbero rappresentare il meglio del popolo, essendo spesso depensanti e impolitici si rivolgono alla pancia della moltitudine, non alla testa del popolo. Non hanno letto nemmeno un rigo di un’opera qualsiasi di Hobbes. La sceneggiata di Santagata resta tale. Ma non va sottovalutata dal punto di vista politico, sociale e antropologico. Poco tempo fa il sindaco di Teverola Tommaso Barbato si è messo in posa mentre smaltiva un copertone sversato in modo illecito. E pure in quel caso il partito dei webeti si sperticò in fervide lodi. Gli pseudo-governanti di Orta di Atella postano foto per aver piantato un’aiuola, mentre il territorio è devastato sotto tutti i punti di vista. Ci fermiamo qui altrimenti dovremmo sprecare fiumi di inchiostro per portare altre centinaia di esempi.
Il tema vero di carnevalate come queste è un altro: sindaci, assessori e consiglieri devono dare un indirizzo amministrativo e farlo attuare. E devono lavorare sodo per contribuire a formare un’etica pubblica. Se invece si travestono da Pulcinella o Arlecchino le istituzioni saranno definitivamente ingoiate dal buco nero dell’antipolitica, della propaganda e della demagogia.