Cicerone sostiene che la “storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria”. Una definizione racchiusa nella celebre locuzione latina “Historia magistra vitae”, la storia è maestra di vita. Solo se sappiamo da dove veniamo e cosa è stato fatto in passato possiamo comprendere il presente e soprattutto non commettere gli stessi errori in futuro. L’oratore romano è sconosciuto ad Orta di Atella. Purtroppo. La politica, o pseudo-tale, e una parte dei cittadini non hanno imparato nulla dalla storia. Nemmeno da quella recente. Con una trasposizione giudiziaria si potrebbe applicare l’aggravante dell’articolo 7. Sarebbe legittimo. E doveroso. Perché con un tratto di penna collettori e incassatori di tangenti sono riusciti a cancellare il loro passato di protagonisti di primissimo piano del “sistema” ideato dall’ex sindaco Angelo Brancaccio.

Alcuni, troppi, di quelli che si sono arricchiti grazie ai soldi sporchi della città d’oro (Orta 2) trasportati dalle cascate di cemento della seconda metà degli anni 2000 hanno avuto la capacità di riciclare non solo denaro ma anche loro stessi. Anche per colpa di una polizia giudiziaria a quei tempi unidirezionale (ce ne fossero di comandanti di stazione dei carabinieri come Antonio Di Resta) si è assistito ad un autoriciclaggio politico che ha impedito il risanamento di una ferita ancora sanguinante, quella del boom edilizio. Croce per i cittadini. E delizia per amministratori corrotti, imprenditori famelici e tecnici senza scrupoli.

Un capolavoro di autolavaggio l’ha compiuto Luigi Ziello. L’ex sindaco ortese, politicamente potentissimo fin dagli anni ottanta, si è fatto calzare a pennello l’abito dell’agnellino immacolato, riponendo nel cassetto quello del leone della foresta affaristica. È stato definito dal collaboratore di giustizia Orlando Lucariello come il “referente dei Casalesi negli anni 89-90” dell’amministrazione comunale di Orta di Atella. Pur volendo sposare il motto popolare “scurdámmoce ‘o ppassato, simmo ‘e Napule paisà” (grave errore: historia magistra vitae), non si può lasciar correre sui trascorsi recentissimi di un politico-geometra ancora in auge dopo quasi 40 anni di gestione diretta o indiretta della cosa pubblica. Tenere in mano il filo del potere per un periodo così lungo implica che la cosa pubblica si trasformi in cosa mia o cosa nostra. Non è un caso se Brancaccio si faceva recapitare a casa la posta del Comune. Il municipio era divenuto di sua proprietà per usucapione amministrativo. Ma se il padrone di Orta di Atella è in carcere per camorra, i sopravvissuti alle indagini unilaterali condotte dai carabinieri locali dell’epoca, a caccia del capro espiatorio e pronti a chiudere anche tre occhi su tutti gli altri componenti della Cupola, continuano a girare il coltello nella piaga della corruzione e della politica ad personam.

Ziello è uno degli emblemi della storia politica ortese. A differenza di personaggetti come Salvatore del Prete “Magò”, ridotti a sciacquetti di Brancaccio (lo massaggiavano, lo curavano, lo accudivano, lo vestivano, lo adoravano), Ziello si è sempre guardato bene da evitare invasioni di campo nel timore di non poter coltivare il suo orticello, o meglio il suo Bosco di Capodimonte. Il socialista, che alle comunali del 1996 non disdegnò di promuovere una lista con An, Forza Italia ed ex Dc (evviva la coerenza!), è sempre riuscito a stare più o meno vicino a Brancaccio a seconda delle convenienze. Si è conquistato una certa autonomia di azione. Ma gli uomini, politici e non, si giudicano proprio dalle azioni. E Ziello di buone azioni per il bene della collettività ne ha fatte poche, quasi nessuna. Eppure gli investigatori di allora non sono riusciti nella facile impresa di beccarlo con le mani nella marmellata. Uno come Di Resta e un comandante di Compagnia come Luca D’Alessandro gli avrebbero strappato il barattolone dalle mani in un secondo.

Non è successo. E Ziello, amabilmente denominato a “Zuppetta” in diversi esposti alla magistratura, è stato forse l’unico tecnico-politico della prima repubblica ortese a raschiare il fondo del barile fino al periodo 2010-2014. Piccolo inciso. Non abbiamo ancora ben compreso perché gli sia stato affibbiato l’appellativo di “Zuppetta”. Chi lo sapesse ce lo comunichi, grazie in anticipo. Sui guai degli anni Novanta si potrebbe invocare il diritto all’oblio. Sarebbe giusto. Se non fosse che il figlio Espedito è stato eletto alle ultime comunali in una lista allestita dall’immortale papà. Ovviamente si è posizionato al primo posto. La lista era fatta a sua immagine e somiglianza. La rilevanza pubblica della notizia ha, per così dire, come fonte la motivazione addotta dai giudici quando confermano le misure cautelari perché “il soggetto è ancora politicamente influente sul territorio”. Altro che diritto all’oblio. È dovere di cronaca. Per bontà salviamo il figlio Espedito. Gli perdoniamo che nel consiglio comunale sciolto per camorra è rimbalzato dall’opposizione alla maggioranza (nelle braccia dell’ex sindaco Villano) come i bambini sui tappeti elastici. Chiedere al primo passante per conferma.

Ma non ci si può chiedere di transigere sui recenti affari milionari di Ziello senior. Quelli andati in porto nel quinquennio 2010-2014. Appena 4 anni fa. Cosa ha combinato l’Highlander della politica ortese? Ha messo a segno ben tre colpi targati “Articolo 38”, norma urbanistica tanto vituperata che però gli ha consentito di chiudere tre pratiche tecniche milionarie tramite tecnici “amici”, in una delle aree più abusive d’Italia, la zona Laghetto di Orta di Atella. Insomma, mentre per tutti gli altri, incluso il mostro Brancaccio, si erano chiusi i rubinetti Luigi Ziello continuava ad abbeverarsi a valle della cascata di cemento.

Mario De Michele


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