Andrea Papi è stato ucciso da un orso in Trentino: il dolore della famiglia, degli amici e della ragazza. Che racconta: «Sono voluta andare a vedere il posto dove è morto il mio Andrea. L’ho fatto stamattina (sabato, ndr) insieme ai suoi genitori. Quando siamo arrivati, ho ripensato a quei maledetti ultimi istanti che lo hanno portato via. Ma io a camminare in montagna ci andrò comunque, consapevole che il pericolo rimarrà sempre. Magari, invece di andarci da sola, ci andrò in compagnia». Le ferite sono ancora fresche, ma Alessia Gregori riesce comunque a trovare la forza per ricordare il suo ragazzo nel migliore dei modi. Sono tanti i ricordi che passano veloci nella sua mente. Da mercoledì sera il suo fidanzato, Andrea Papi, non c’è più, ucciso dalla violenza e dall’aggressività di un orso vicino a malga Grum, sopra all’abitato di Caldes. Ma l’amore per il suo compagno rimarrà chiaro e indelebile, come le tantissime avventure passate al suo fianco. La ragazza ha parlato al “Corriere del Trentino”. Andrea non c’è più da mercoledì: come si può combattere il dolore per una tragedia del genere? «Cerco di ricordarlo il più possibile. Lo faccio su Instagram, ad esempio, pubblicando foto di momenti condivisi assieme. Un po’ come avere un diario dove tutte le memorie rimangono fissate. Poi cerco di rimanere vicina alla famiglia di Andrea. Anche se è dura, se è brutto non trovarlo accanto a me quando vado a letto, lui è dentro di me. Come se non fosse cambiato niente. Sul luogo della tragedia è più andata? «Stamattina (sabato mattina) insieme ai genitori di Andrea. Quando siamo arrivati, ho ripensato a quei maledetti ultimi istanti che lo hanno portato via. Ma io a camminare in montagna ci andrò comunque, consapevole che il pericolo rimarrà sempre. Magari, invece di andarci da sola, ci andrò in compagnia. La paura rimarrà quella di prima, dato che in queste zone l’orso gira parecchio perché è il suo habitat. Come è successo ad Andrea, poteva succedere a chiunque altro. Penso a cosa avrebbe detto lui di questa situazione: si sarebbe sicuramente arrabbiato». Quando andava a correre, Andrea aveva paura dell’orso? «Sì, ce l’aveva, è normale. Perché su quel versante di montagna gli orsi ci camminano e sono parecchi (si parla di circa 15, ndr). Tutti sanno che esiste una possibilità di incontro. Per cercare di non pensarci, qualche volta Andrea ci scherzava su: “Speriamo di non trovar l’orso”. Purtroppo così è stato». Come è andata mercoledì? «Andrea è uscito di casa poco dopo le 16. Con lui avevo appuntamento alle 19. Sarebbe dovuto venire a prendermi al mio studio di fisioterapia a Malè, dove sono nata e lavoro, insegnando ginnastica artistica ai bambini. Dovevamo andare al compleanno del compagno di mia sorella. Lui gestisce un’azienda di giardini vicino a Cles e in passato era stato anche il capo di Andrea (che negli ultimi mesi aveva consegnato agli hotel della zona le carni preparate dalla macelleria di Franco Anselmi a Croviana, ndr). Non vedendolo arrivare, ho chiamato Franca, la madre di Andrea, poi sono andata a controllare ai piedi della montagna. Quindi, ho chiamato il 112. Dopo le tante ore di ricerca, passate le 3 di notte, sono venuti i carabinieri a casa per darci la notizia». Che tipo era Andrea? «Un ragazzo stupendo, che lavorava tutti i giorni, ma che, in inverno, non era mai contento finché non andava a casa e faceva il suo allenamento in garage. Con il bel tempo andava invece in montagna: faceva camminate veloci con i bastoncini e poi in discesa si concedeva una corsetta. Era uno soddisfatto della sua vita, ma nel lavoro no. Non era ancora riuscito a trovare quello che avrebbe voluto, che lo avrebbe soddisfatto al 100%, si faceva molti problemi a riguardo pensando al suo futuro. Con gli amici, è sempre stato quello che parlava a tutti, mentre io sono un po’ più pigra. Quando passava per strada salutava sempre, tanto che a volte gli dicevo “Ma perché lo fai se certe persone non le conosci?”. Ma lui era così: un tipo estremamente educato e inclusivo. Era davvero un ragazzo d’oro, a volte un po’ testardo e molto indipendente. Aveva una pazienza infinita e non si arrabbiava mai. Era anche un tipo spesso molto schivo, che dedicava parecchio tempo a se stesso. Per questo, quello che ha fatto per me è stato speciale, perché con gli altri non è mai riuscito a esprimersi così».

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