Le banche europee escono ben capitalizzate dalle recenti crisi, ma “restano diverse sfide” e la vigilanza “continuerà a tenere d’occhio l’esposizione degli istituti di credito ai settori vulnerabili, come la proprietà commerciale”. A dirlo è la presidente della Bce, Christine Lagarde, nell’introduzione al Rapporto annuale sulle attività di vigilanza del 2023. La vigilanza bancaria della Bce, per il periodo 2024-26, darà priorità nelle sue richieste alle banche al “rafforzamento della solidità di fronte a immediati shock macro-finanziari e geopolitici”. La seconda priorità è accelerare gli sforzi nella governance e gestione dei rischi collegati al clima e all’ambiente, la terza è “fare ulteriori progressi nella trasformazione digitale, costruendo meccanismi operativi robusti”. Lo si legge nel Rapporto sulle attività di vigilanza del 2023 dell’istituto di Francoforte. La Bce prevede che la crescita dell’area euro si avvierà su una ripresa ciclica nel 2024. “In assenza di ulteriori shock”, sarà inizialmente spinta dall’aumento del reddito “che supporta i consumi privati, in presenza del calo dell’inflazione e della robusta crescita salariale. Nel medio periodo, la ripresa sarà sostenuta anche dagli investimenti”, grazie al venir meno della stretta sui tassi. I dati “continuano a segnalare una crescita modesta” nel breve periodo, ma gli indicatori di più lungo periodo mostrano “segnali di ripresa”, si legge nel bollettino di marzo. Taglio dei tassi a sorpresa della Svizzera: la Banca centrale lo ha abbassato dall’1,75% precedente all’1,5%, mentre gli analisti si aspettavano lo mantenesse invariato. Dopo la decisione, sui mercati valutari il franco svizzero scende dello 0,7% contro l’euro a 1,024. La Fed lascia fermi i tassi ma conferma tre tagli nel 2024 per un totale di 75 punti base. E Wall Street tira un sospiro di sollievo: dopo un avvio di seduta cauto, i listini americani avanzano decisi spazzando via i timori di una riduzione del costo del denaro quest’anno inferiore alle attese. La Bce, invece, guarda a giugno come data del primo possibile calo dei tassi. “L’economia ha fatto progressi ma l’inflazione è ancora troppo alta”, ha detto il presidente della Fed Jerome Powell al termine della due giorni di riunione. E i progressi sono sostanziali come emerge dalle nuove stime di crescita della Fed: il Pil quest’anno è atteso crescere del 2,1%, decisamente al di sopra dell’1,4% previsto alcuni mesi fa, a fronte di un’inflazione al 2,4% e un tasso di disoccupazione al 4%. “Il mercato del lavoro è in buona forma, non vede crepe. Le aspettative di inflazione nel lungo termine restano ben ancorate”, ha aggiunto Powell ribadendo l’impegno della Fed a raggiungere l’obiettivo di un’inflazione al 2%. Un target che, per ora, è perseguito mantenendo i tassi di interesse invariati, per la quinta riunione consecutiva, in una forchetta fra il 5,25% e il 5,50%, ai massimi da 23 anni. “Continueremo a decidere riunione per riunione” come procedere, ha spiegato ancora il presidente della Fed, spingendosi però a dire che sarà “appropriato a un certo punto quest’anno iniziare a tagliare” i tassi. Secondo le attese degli analisti ci sono il 50% di chance di una prima riduzione del costo del denaro in giugno, ma molto dipenderà dai prossimi dati economici. Diversi analisti ed economisti indicano invece in luglio la data di un primo allentamento della politica monetaria. “Abbiamo bisogno di maggiore fiducia nella traiettoria di calo dell’inflazione verso l’obiettivo del 2% e i dati di gennaio e febbraio non hanno aiutato”, ha osservato Powell precisando che resta ancora da capire se il rialzo degli ultimi mesi sia un fenomeno isolato oppure meno. Che la strada sarebbe stata a ostacoli, d’altronde il presidente della Fed non lo ha mai negato. Nel decidere quando tagliare la Fed si muoverà con cautela per evitare critiche politiche: tagliare i tassi troppo a ridosso delle elezioni presidenziali potrebbe infatti esporla a critiche e intaccare quindi la sua reputazione e credibilità. “Se riduciamo il costo del denaro troppo presto il rischio è che l’inflazione rialzi la testa. Se tagliamo troppo tardi il rischio è di danneggiare” l’economia: “ci sono rischi da tutte e due le parti”, ha messo in guardia Powell. Guardando avanti la Fed ha rivisto al ribasso il numero dei possibili tagli dei tassi di interesse per il 2025 quando i tassi dovrebbero scendere dal 4,6% di fine 2024 al 3,9%, un livello più alto quindi rispetto al 3,6% previsto in precedenza. Nel più lungo periodo Powell non si è sbilanciato: “non sappiamo se i tassi resteranno elevato nel lungo termine. L’istinto mi dice che non torneranno a livelli molto bassi”. La Bce invece potrebbe ridurre il costo del denaro in giugno. “Anche se l’inflazione è rallentata, rimane incertezza sulla sua persistenza”: a giugno, se i dati confermeranno l’inflazione sottostante prevista, la Bce “sarà in grado di rendere la politica monetaria meno restrittiva”, ma da lì in poi “ci sarà un periodo nel quale dovremo continuamente confermare che i dati supportano le prospettive d’inflazione”, ha spiegato la presidente dell’Eurotower Christine Lagarde. Da Eurolandia intanto è arrivata una buona notizia che potrebbe facilitare il compito della Bce. A marzo la stima flash della Commissione europea sulla fiducia dei consumatori è migliorata di 0,6 punti percentuali sia nell’Ue che nell’area dell’euro.