Sei raccomandazioni nuove di zecche, un fronte della libertà dei media definito “urgente”, i dubbi sulla riforma del premierato e il perdurare di croniche criticità nel campo della giustizia: l’edizione 2024 del Rapporto sullo stato di diritto della Commissione non sorride certo all’Italia. Nelle 46 pagine del ‘Country Report’ dedicate al Belpaese, Bruxelles fotografa uno status quo con più ombre che luci, ponendo l’accento “sulle diverse sfide che i giornalisti italiani devono affrontare nell’esercizio della loro professione” e sulla “garanzia di indipendenza e di finanziamenti adeguati” che devono caratterizzare il servizio pubblico. Il report non comporta alcuna conseguenza concreta per l’Italia. Ma è destinato ad aumentare il pressing di Bruxelles su Giorgia Meloni per il recepimento del Media Freedom Act, il cui termine per i Paesi membri è l’8 agosto del 2025. Nel rapporto non c’è solo l’Italia ad aver avuto sei raccomandazioni. Ma Roma non ne esce come una delle capitali più virtuose. L’esecutivo Ue raccomanda all’Italia di impegnarsi nella digitalizzazione di tribunali penali e procure, adottare la proposta legislativa in sospeso sui conflitti di interesse e istituire un registro operativo per le lobby, regolamentare le informazioni su finanziamenti a partiti e campagne elettorali, tutelare i giornalisti e garantire l’indipedenza dei media, creare un’istituzione nazionale per i diritti umani in linea con i principi Onu. Ad allarmare particolarmente Palazzo Berlaymont c’è la situazione dei media. Il governo, recita il report, è chiamato ad uniformarsi alla direttiva anti-Slapp, ovvero a proteggere i giornalisti dalle cosiddette querele temerarie. Si tratta, assieme al Media Freedom Act, di una delle due misure cardine della Commissione uscente per la libertà di stampa. Ma non è finita qui. Preoccupano anche “casi di aggressioni fisiche, minacce di morte e altre forme di intimidazione” (l’Ue ne conta 75 nei primi sei mesi del 2024) ai danni dei giornalisti e la decisione di ridurre il canone Rai nell’ultima manovra. Il quadro, insomma, è fosco. E, se comparato con le parole del presidente Sergio Mattarella alla cerimonia del Ventaglio, appare anche di grande attualità. L’analisi dell’Ue sull’Italia si sviluppa su 4 capitoli. In uno di questi, la Commissione esprime più di una riserva sulla riforma del premierato. “Con questa riforma non sarebbe più possibile per il presidente della Repubblica trovare una maggioranza alternativa e/o nominare una persona esterna al Parlamento come primo ministro”, viene spiegato nel report che registra “le preoccupazioni” degli stakeholders per il sistema di pesi e contrappesi istituzionali. Allo stesso modo, anche lo stop all’abuso di ufficio approvato in via definita nei giorni scorsi non rasserena Bruxelles. La misura “limita la portata del reato di traffico d’influenza e potrebbe avere implicazioni per l’investigazione di frodi e corruzione”, è il richiamo dell’Ue. Non meno severa è la fotografia dello stato di salute del dibattito pubblico in Italia. “Attacchi verbali e violenze riducono lo spazio civico”, sottolinea il report, secondo il quale ad essere nel mirino sono manifestanti e operatori delle organizzazioni umanitarie. Nell’illustrare il rapporto sia la vice presidente della Commissione Ue Vera Jourova sia il commissario alla Giustizia Didier Reynders hanno spiegato come, sul dossier stato di diritto, il dialogo con Roma c’è stato e ci sarà. Elemento, quest’ultimo, sottolineato con una certa veemenza anche dal governo italiano. All’Eurocamera, dove il rapporto è stato illustrato da Reynders, si è invece accesa subito la polemica. Sul documento c’è stata “una patetica strumentalizzazione delle sinistre”, ha sottolineato la delegazione di Fdi di fronte a chi, Pd e M5S in testa, ha denunciato un crescente isolamento dell’Italia. “E’ tempo di arginare questa deriva illiberale”, è stato l’appello lanciato dall’eurodeputato dem Alessandro Zanport” dedicato all’Italia. E fonti di governo precisano: “E’ un esercizio periodico condotto ogni anno, condotto in costante dialogo con gli Stati membri, che riguarda tutti e che l’esecutivo sostiene e incoraggia”. “In merito al Rapporto 2024 sullo stato di diritto nell’Unione europea pubblicato oggi dalla Commissione europea, si ricorda che si tratta di un esercizio periodico che viene condotto ogni anno e che non riguarda solo l’Italia ma tutti e Ventisette gli Stati membri, per ciascuno dei quali viene redatto uno specifico “capitolo-Paese” Lo ricordano fonti di governo, sottolineando che: “si tratta di un’attività che la Commissione europea svolge in costante dialogo con i Governi degli Stati membri” e che “il Governo italiano sostiene ed incoraggia questo esercizio annuale che costituisce un utile strumento per monitorare il rispetto dei principi dello stato di diritto all’interno dell’Unione europea”. “Come negli anni precedenti, anche per il 2024 il Governo italiano ha attivamente collaborato alla stesura del rapporto ed ha più volte interloquito con la Commissione affinché il documento fosse il più completo ed accurato possibile”, spiegano ancora le stesse fonti di governo. “Per quanto riguarda l’Italia in particolare, il rapporto contiene ampi riconoscimenti sull’efficacia del nostro sistema giudiziario, sui progressi ottenuti in termini di lotta alla corruzione e sul rispetto del pluralismo e della libertà dei mezzi d’informazione. In merito agli accenti critici contenuti nel documento, per molti di essi si tratta di osservazioni già note poiché contenute nei rapporti degli anni precedenti. A questo proposito si ricorda che cinque delle sei raccomandazioni contenute nel Rapporto 2024 sono esattamente identiche a quelle contenute nei Rapporti 2022 e 2023. Per molti altri si tratta di commenti non attribuibili direttamente alla Commissione europea ma bensì a soggetti terzi (enti istituzionali non governativi, associazioni di categoria, ONG, ecc), alcuni dei quali apertamente polemici nei confronti del Governo, che la Commissione ha inteso consultare nella fase di redazione del rapporto e la cui opinione è stata poi riportata all’interno del documento (peraltro citando correttamente la fonte). Si tratta di critiche certamente legittime ma che vanno lette ed interpretate per quelle che sono, ovvero come opinioni di parte. Per quanto riguarda infine la questione del presunto slittamento della data di pubblicazione del Rapporto si rammenta che i tempi della sua pubblicazione non dipendono in alcun modo dalla volontà degli Stati membri (né tantomeno da quella del Governo italiano) ma esclusivamente da una decisione della Commissione europea la quale tra l’altro anche oggi, per bocca della Vice Presidente Jourova, ne ha pubblicamente spiegato le ragioni”.