NAPOLI – “Da qualche settimana mi succedono cose strane, da quando si e’ saputo che un funzionario della polizia, M.S., e’ indagato per concussione, io ricevo telefonate anonime a casa. Non sono proprio di minacce ma sono ambigue e io ho raccontato tutto ai pm della Dda di Napoli”.
A parlare e’ un ispettore della questura di Napoli, Angelo Di Raimo, oggi testimone dell’accusa nel processo nato dall’indagine sul riciclaggio di denaro dei clan in ristoranti, dove e’ imputato anche l’ex capo della Squadra Mobile Vittorio Pisani, presente in aula nel corso del suo interrogatorio. “Nessuno e’ a conoscenza del mio numero di telefono di casa ed ho un contratto con la compagnia telefonica che in pratica mi da’ la possibilita’ di non essere contattato per pubblicita’ di ogni genere – spiega Raimo – eppure da qualche settimana ricevo telefonate da fantomatici call center. Sono persone dal marcato accento napoletano che chiamano da luoghi pubblici perche’ si sente il rumore del traffico. Dicono frasi del tipo ‘Ti conosciamo bene, conosciamo il tuo numero di telefono’. Poche volte ho intercettato quelle telefonate, e quando l’ho fatto hanno subito riagganciato. Adesso hanno cominciato con il cellulare. Non posso dire si tratti di minacce ma di sicuro non e’ piacevole e mi sono sentito di raccontarlo ai magistrati. Potrei fare una denuncia dettagliata e chiedere anche i tabulati telefonici”. Raimo e’ testimone chiamato dall’accusa perche’ e’ stato coinvolto indirettamente nella vicenda del furto alla trattoria Vanvitelli, dove socio e’ anche il cognato di Marco Iorio, imprenditore e imputato numero uno del processo, vicenda in cui M.S. e’ indagato. “Il mio capo del gruppo antirapina – ricostruisce – mi chiese di andare a prendere a casa due pregiudicati della zona dei Quartieri spagnoli e di portarli in questura perche’ sospettati di un furto. Il tutto avveniva su disposizione di M.S. (che oggi si e’ avvalso della facolta’ di non rispondere, ndr). Io, senza chiedere nulla, eseguii il fermo e poi entrai in stanza con i due sospettati che sedevano al cospetto di M.S. I due erano sospettati del furto della trattoria Vanvitelli ma quando il dirigente inizio’ a parlare io fui fatto uscire dalla stanza”. Secondo l’accusa i due pregiudicati restituirono parte del bottino che venne ridato al proprietario, amico di Pisani, e in cambio non furono arrestati ne’ denunciati, ne’ gli atti furono trasmessi alla Procura. “Poco dopo vidi i due uscire quasi sorridenti. Lasciarono la questura e io capii che in realta’ nei loro confronti non si era proceduto”, conclude Raimo.