L’accordo per la crescita c’é: un pacchetto da 130 miliardi, pari all’1% del Pil europeo, per far ripartire l’Europa. E preparare il terreno per dare, al prossimo consiglio europeo, quei segnali “concreti” in grado di far capire ai mercati che “l’Euro c’é e intende continuare ad esserci”

perché quello della moneta unica europea è un progetto “irreversibile”. Dalla quadrilaterale di Roma tra Monti, Merkel, Hollande e Rajoy, un segnale dunque è arrivato, se non altro un segnale di unità, insieme alla volontà dei quattro leader di Italia, Germania, Francia e Spagna di andare avanti sulla Tobin Tax, chiedendo che al prossimo summit a Bruxelles venga approvata “attraverso la cooperazione rafforzata”, dunque, anche senza la recalcitrante Gran Bretagna. Questo non significa certo che siano stati superati tutti gli scogli. Tutt’altro. Certamente più conciliante e sorridente del solito, la Merkel – pur dando il suo via libera al pacchetto per la crescita – ha comunque ribadito tutti i suoi paletti, ribattendo prontamente ad ogni riferimento alla linea del rigore scelta da Berlino. “Si possono cedere porzioni di sovranità nazionale solo se ci sarà più solidarietà in Europa”, ha rintuzzato Hollande rispondendo all’appello ad una più forte unione politica lanciato dalla Cancelliera.

“Dove c’é solidarietà servono anche controlli”, perché in passato “le regole non sono state rispettate”, è stata la pronta replica della Merkel, che è tornata a ribadire come “crescita e finanze solide sono i due lati della stessa medaglia”. E ancora, Frau Merkel non ha nascosto la sua contrarietà all’uso dei fondi salva Stati per ricapitalizzare le banche. “Secondo i trattati non è possibile – ha detto – e i trattati vanno rispettati”. Frase quest’ultima indubbiamente rivolta anche alla proposta di Monti sull’uso di Efsf-Esm per creare uno scudo anti-spread. Proposta che ha ottenuto il pieno appoggio della Francia, mentre la cancelliera ha glissato in pubblico, tornando a ribadire che i meccanismi per garantire la stabilità esistono già. Seguendo però regole e ‘vincoli’. L’importanza delle regole è stata sottolineata dallo stesso Monti, che però ha tenuto a ricordare che nel 2003 furono Francia e Germania, con la “complicità ” dell’Italia, ad essere autorizzati a deragliare dalle regole europee. “Ci abbiamo messo dieci anni per ricostruire una credibilità europea. Ecco l’importanza delle regole”.

Insomma le distanze rimangono, ma anche la paura dei mercati. Per questo un messaggio è stato unanime: l’euro non si tocca. “E’ un progetto irreversibile”, ha detto Monti. “Intendiamo lottare per mantenere la nostra moneta”, gli ha fatto eco la Merkel. Per questo Italia, Germania, Francia e Spagna si presenteranno al consiglio europeo del 28-29 giugno con l’accordo sul pacchetto per la crescita. Un pacchetto da 130 miliardi che ricalca quello proposto nella lettera che Hollande ha recapitato nei giorni scorsi alle cancellerie europee, e che puntava a reperire una cifra pari all’1% del pil europeo in parte dai fondi strutturali inutilizzati (55mld), in parte attraverso la Bei, che potrebbe raccogliere sui mercati fino a 60 miliardi grazie al suo potenziamento, e in parte dai famosi project bond (4,5-5 miliardi). Quel che è certo è che di obbligazioni europee, di qualunque genere, oggi non si è parlato, fatta eccezione per un accenno di Hollande (“gli eurobond devono rimanere una prospettiva, e non a 10 anni”).

L’accordo di Roma al momento ha raccolto una reazione tiepida dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy – “ogni incontro che possa dare una spinta verso il consenso nel vertice della prossima settimana è utile” – mentre per il premier belga Elio di Rupo “é un inizio”, ma non basta

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